
A 12 anni se sei bravo giochi titolare tra gli esordienti e ti regalano il biglietto per guardare gratis i “grandi”. Di solito va così.
Non è il caso di Mauricio Baldivieso, schierato negli ultimi dieci minuti di gioco della sfida della giornata inaugurale del torneo Clausura della massima serie del campionato boliviano tra il La Paz e l’Aurora. Mercoledì prossimo Mauricio compirà 13 anni, e il papà – Julio Cesar Baldivieso, allenatore dell’Aurora e ex calciatore giramondo – gli ha voluto fare un regalo di compleanno anticipato, facendolo scendere in campo con la maglia numero 10 nei minuti finali di una gara che l’Aurora ha perso 1-0.
“Mauricio è molto bravo, alla sua età è difficile trovare giocatori così bravi. L’ho messo in campo solo per questo motivo” è la spiegazione che l’allenatore-papà ha dato nel dopogara. Effettivamente il ragazzino ha talento e basta vederlo in campo pochi minuti per apprezzarlo. Ma la scelta del padre rimane sconsiderata, perché un’apparizione nel Guinness dei primati non può valere una carriera luminosa e una crescita equilibrata. La paura è che qui siano state messe a rischio entrambe. Si sa: saperci fare col pallone non garantisce il successo col pallone.
I casi di Neil Lamptey o quello più recente di Freddy Adu sono lì a ricordarlo. Il fenomeno ghanese-americano era stato esibito ovunque – dal David Letterman Show ai training camp delle principali squadre europee – quando ancora non era neppure adolescente, e adesso fatica a trovare spazio tra le riserve di squadre come il Monaco o il Benfica. Niente di strano, succede a tanti, ma se a 14 anni venivi presentato come il nuovo Pelè la delusione, per te e chi ti segue, è tanta e molto dura da accantonare. Fenomeno a 14 anni, polvere di stelle a 18: etichetta difficile da scrollare di dosso.
Diverso è il caso del messicano Martín Galván, corteggiato dal Barcellona all’età di 13 anni, ha esordito lo scorso anno nel Cruz Azul poche settimane prima del quattordicesimo compleanno. All’idea di seguire il percorso di Leo Messi e di entrare al Camp Nou per far parte della famiglia blaugrana, ha preferito quella di restare vicino a casa. Più umano e forse più saggio. Fra qualche anno andranno a prenderlo con tutti gli onori. ECL
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