Una medaglia al valore più che una colpa. Quelli che per alcuni tifosi sono titoli di merito, per la magistratura restano reati. Commessi nell’iter che ha preceduto e accompagnato la ristrutturazione-costruzione dello stadio di Is Arenas. L’accusa più pesante è aver utilizzato denaro pubblico (concesso per altri obiettivi) per realizzare opere legate allo stadio, che invece avrebbero dovuto essere pagate dal Cagliari calcio (che sostiene di avere provveduto con soldi propri).

Si fosse trattato di fondi destinati ai disabili l’eventuale dirottamento avrebbe suscitato maggior sdegno. Soprattutto se tra gli accusati non ci fosse il proprietario del Cagliari calcio. La maggioranza rumorosa dei tifosi rossoblu è compatta nel sostenere le sue ragioni. Il cittadino cede il posto al tifoso e anche l’eventuale ruberia viene giustificata come atto d’amore del “Presidente” verso la “sua” squadra.

Presidente del Cagliari dall’estate 1992, Cellino si ritaglia presto un posto nella storia del club: sotto la sua gestione la squadra rossoblu ottiene il miglior risultato di sempre nelle coppe europee (semifinali Coppa Uefa 1993-94). Nella seconda stagione raggiunge l’apice dei suoi 21 anni di presidenza. Poi un sesto posto nel 1993, due noni (1995 e 2009) e tre decimi posti (1994, 1996 e 2005), due retrocessioni in B (1997 e 2000), per il resto in serie A il Cagliari ha sempre navigato nella seconda metà della classifica. Bilancio non esaltante ma dignitoso.

Nonostante un percorso così ordinario, Cellino è riuscito pian piano a imporsi come salvatore della patria. “Ma chi lo compra il Cagliari?”, “Senza di lui il Cagliari dove sarebbe?”, “Ci tiene in serie A con i bilanci in regola”. Mantra che sembra ritrarre un samaritano e una società di Prima categoria, non un imprenditore e un club di serie A.

Chi esibisce la regolarità dei bilanci non ne ha mai visto uno, si fida della parola di Cellino e della Lega. Fidiamoci. Ma che il bilancio sia sano è un punto di partenza non di arrivo: la normalità non un titolo di merito. Lo stesso può dirsi della partecipazione al campionato di serie A. Quando Massimo Cellino ha acquistato il Cagliari nell’estate 1992 lo ha trovato già nella massima serie, non in B o in C. E con una rosa che poteva contare su un paio di campioni e tanti ottimi giocatori: Matteoli, Francescoli, Fonseca, Herrera, Cappioli e Ielpo. Non proprio carneadi.

Con una serie A a 20 squadre, la naturale collocazione del Cagliari non può che essere lì. Bisogna dimostrare sul campo di meritarla, ma il Cagliari, per tradizione, storia, sèguito, bacino d’utenza (una regione intera), è certamente una delle 10-12 squadre più importanti del calcio italiano. La serie A è un obiettivo minimo: metà classifica la normalità, al di sopra impresa, al di sotto delusione o fallimento. Competere in pianta stabile con Juventus, Milan, Inter, Napoli, Roma, Lazio e anche Fiorentina è una chimera. Il termine di paragone del Cagliari, più realisticamente, deve essere l’Udinese: tre volte qualificata alla Champions League (due volte elminata nei playoffs, una nella fase a gironi), quarti di finale Coppa Uefa, ottavi di finale di Coppa Uefa e Europa League. Risultati ottenuti con uno stadio, il Friuli, il più delle volte mezzo vuoto. Aver abbassato l’asticella delle pretese dei tifosi del Cagliari così in basso, da non pretendere nulla più della salvezza, è l’unico vero prodigio del presidente cagliaritano.

“Cellino viene attaccato perché scomodo”; “Ha cercato di dare uno stadio al Cagliari, ci è riuscito e ora gliela fanno pagare”. Cosa avrà mai fatto in vita sua il presidente del Cagliari per essere definito “uno scomodo”? Per restare nell’ovattato mondo del calcio, scomodo può essere Simone Farina: l’ex giocatore del Gubbio, che dopo aver denunciato una combine, non ha più trovato uno straccio di squadra in Italia disposta a offrirgli un contratto e a soli 30 anni è andato ad allenare le giovanili dell’Aston Villa. Cellino non è né meglio né peggio di altri: è parte integrante del sistema che estromette chi, come Farina, non si allinea. Cellino è tutt’altro che emarginato, anzi assieme a personaggi pittoreschi come Galliani, Lotito, Zamparini e Preziosi incarna meglio di altri virtù e vizi del calcio italiano.

Lo stadio Sant'Elia: per oltre 40 anni casa del CagliariEsemplare il caso stadio. Lo stadio il Cagliari lo aveva. Anzi ne aveva due: l’Amsicora e il Sant’Elia. Il primo, dove aveva vinto lo scudetto del 1970, è stato riutilizzato durante i lavori di ammodernamento del Sant’Elia in occasione dei mondiali di Italia 90. E questo impianto, inaugurato nell’estate 1970 e rinnovato nel 1990, è andato in malora durante la gestione Cellino. Nell’ultimo decennio il Sant’Elia è stato lasciato cadere a pezzi; mortificato con l’installazione di ponteggi davanti alle curve e ai distinti; bollato come inadeguato e infine dichiarato “inagibile”. Non aver pagato l’affitto (50mila euro l’anno) tra il 2002 e il 2009 e non aver provveduto alla manutenzione ordinaria sono state le principali violazioni contrattuali imputate dal Comune di Cagliari al presidente della squadra rossoblu per giustificare lo stop alla concessione. Epilogo (non definitivo) di un balletto durato alcuni anni: amministrazioni comunali e Cagliari calcio oscillavano tra progetti di demolizione e ristrutturazione del Sant’Elia e altri di costruzione di un nuovo stadio (la “Karalis Arena”) nella stessa area o nei pressi dell’aeroporto di Elmas. Con queste idee in testa si capisce come ogni soldo speso per il “vecchio” Sant’Elia venisse considerato uno spreco. E così lo stadio è invecchiato a velocità doppia. Nella primavera scorsa curva sud e distinti vengono dichiarati inagibili. Nessun ravvedimento o dietrofront: Cellino accelera e manda la squadra a Trieste per le ultime partite del campionato 2011-12. Abbandonate Cagliari e Elmas, Cellino spedisce il Cagliari a Quartu, nel piccolo impianto di Is Arenas. Sino ad allora l’unico legame tra quel campo di gioco e il Cagliari era il murale che immortala la rabona dell’ex rossoblu Giovanni Roccotelli. Trasformare un campetto di periferia in uno stadio di serie A (con aumento di traffico, illuminazione, infrastrutture) a ridosso del Parco di Molentargius è un’operazione che desta dubbi e perplessità. Non è un caso che l’inchiesta nasca da esposti di associazioni ambientaliste.

Ecco perché c’è chi sostiene che se il Cagliari non ha più uno stadio la colpa è dei fenicotteri. La colpa di una macchina impantanata è della pozzanghera non dell’autista. Ma qui più dell’autista dobbiamo ammirare il mago: l’unico presidente ad aver tifosi che scendono in strada per lui anziché contro.

Gianni Serra
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