
Neil Lennon è il nuovo manager del Celtic. Prende il posto di Tony Mowbray, licenziato dopo il 4-0 rimediato nella trasferta di campionato al St Mirren Park.
Il Celtic non perdeva su quel campo da 19 anni, e da ben 51 anni non prendeva una batosta simile dal St Mirren. La scarsa competitività del campionato scozzese è un limite ma anche motivo di forte pressione su tecnici e giocatori di Celtic e Rangers, perché in una corsa a due il secondo posto equivale a una retrocessione. Si capisce allora come la posizione di Mowbray fosse ormai indifendibile, dopo un disastro del genere contro una formazione di mero contorno.
Debacle non isolata. Il bilancio della gestione Mowbray parla di 44 partite, 22 vittorie, 9 pareggi e 13 sconfitte, coi biancoverdi fuori dai giochi da ogni competizione nazionale e internazionale. In Champions League il Celtic è stato eliminato nei playoffs dei Preliminari dall’Arsenal, perdendo a Glasgow 2-0 e 3-1 a Londra con gol della bandiera di Donati a tempo scaduto. Nella fase a gironi in Europa League è andata anche peggio: appena un successo in sei gare e terzo posto finale nel gruppo C, uno dei più mediocri, vinto dall’Hapoel Tel Aviv.
Insomma nessun risultato presentabile nella gestione dell’ex manager del West Bromwich Albion, arrivato in estate per prendere il posto di Gordon Strachan, e accolto dalla piazza con grande affetto e aspettative sia per il passato da giocatore con la maglia biancoverde, sia per la promessa di riportare al Celtic Park un calcio offensivo degno della tradizione inaugurata da Jock Stein negli anni Sessanta. Quel che si è visto invece è stato lo spettacolo di una formazione incapace di trovare equilibri, che a certi livelli sono scontati. Al Celtic di Mowbray mancava proprio l’abc: se scendono i terzini qualcuno a centrocampo deve coprire, e invece sembrava di vedere i bambini che in cortile seguono il pallone tutti insieme. Contro il St Mirren, sullo 0-2, nel tentativo di rimontare il tecnico ha messo in campo tutte e sei le punte a disposizione, finendo con l’incassare altri due gol. “E’ colpa mia certo. Mi assumo tutte le responsabilità, ma questa è la differenza tra un tecnico propositivo e uno conservativo”. Onesto e coerente sino in fondo: “Probabilmente il campionato scozzese non è il più adatto per chi vuole fare gioco. E’ più reddittizio coprirsi, giocare con una difesa bloccata e puntare sul contropiede affidandosi ad attaccanti svegli”. Quel che Walter Smith fa da anni coi Rangers.
E’ un peccato che l’avventura di Mowbray sia finita così presto ma non si vede come potesse proseguire. Anche la rivoluzione di gennaio – con la cessione di ben sette giocatori (Gary Caldwell, Danny Fox, Barry Robson, Willo Flood, Chris Killen, Stephen McManus, Scott McDonald) e l’arrivo in prestito di Robbie Keane, Edson Braafheid e Diomansy Kamara, più gli acquisti del sudcoreano Ki Sung-Yong, dello svedese Jos Hooiveld, del norvegese Thomas Rogne e del danese Morten Rasmussen – non ha modificato l’andamento di una stagione contrassegnata da brutte figure memorabili. Aver eliminato mezza squadra, rimpiazzandola con prestiti, promesse e mediocrità, non è sembrata una mossa granché intelligente. Anche perché ha tolto ogni residuo alibi all’allenatore, che di fatto si è messo spalle al muro da solo. Uno spogliatoio trasformato in porto di mare, col contorno di tifosi sempre più interdetti e allibili per la scarsa qualità di risultati prestazioni, è stato il viatico al licenziamento.
L’incarico a Neil Lennon, alla prima esperienza da allenatore, porterà entusiasmo e pragmatismo, le doti alla base dei suoi successi da giocatore. L’ex capitano del Celtic, che faceva parte dello staff di Mowbray, ha accettato l’incarico sino alla fine della stagione. In pochi scommettono su una sua conferma al termine del campionato: i nomi di Roy Keane, Owen Coyle e Henrik Larsson sono i più gettonati. Ma Lennon potrà sorprendere ancora una volta, di certo saprà giocarsi bene le sue carte. E’ un leader nato, sa affrontare le avversità come pochi, è l’uomo in grado di restituire orgoglio a giocatori col morale sotto i tacchi. Sotto la guida di Martin O’Neill è stato uno dei capitani più vittoriosi della storia del Celtic, lui sa cosa significa vincere e cosa bisogna fare per riuscirci. Con la squadra fuori dalla lotta per ogni traguardo Lennon non potrà conquistare nessun trofeo ma riportare a Celtic Park un gioco solido e una squadra finalmente in grado di intimidire gli avversari potrebbe valergli una conferma. Lui, centromediano ordinato e di sostanza, modificherà subito la disposizione del centrocampo, garantendo maggiore copertura alla difesa, pretendendo maggior pressing sui difensori anche da parte degli attaccanti. Come vice ha voluto con sé l’ex compagno Johan Mjallby, nazionale svedese, che ha accettato con entusiasmo: “Abbiamo due e mesi e mezzo di tempo per guadagnarci una conferma. E’ un’opportunità anche per noi”. ECL