

Il piccolo Gerd Muller è la cosa migliore fiorita in Germania nel 1945. Sono passati pochi mesi dalla fine della Seconda guerra mondiale, dell’Olocausto e della follia hitleriana. Ma ci vorranno diciotto anni prima di saperlo, prima di scoprire il più implacabile cannoniere della storia del calcio. Nel frattempo gli avevano consigliato di cambiare strada: «Non hai il fisico adatto, ti conviene provare con qualcos’altro».
E’ la stagione 1963/64 quella che rivela in patria l’esistenza del centravanti più antiestetico ed efficace mai visto. A vederlo per strada non gli daresti un soldo, non sembra nemmeno un atleta: non arriva a un metro e settanta, sedere basso (al suo arrivo al Bayern l’allenatore Zlatko Cajkovski si lamenta coi dirigenti: «Cosa me ne faccio di un sollevatore di pesi?»), gambe arcuate e sguardo distratto.
Invece è uno che in Terza divisione (la nostra serie C1), all’esordio in prima squadra, mette a segno 46 gol in 31 partite con il Nordlingen, la squadra del suo paese di nascita. Troppi per essere casuali, ma soprattutto troppi per pensare di lasciarlo lì.
Il Bayern Monaco, retrocesso in seconda divisione nel 1956, non se lo fa scappare e grazie ai suoi gol nel 1964/65 riconquista la massima serie: 35 reti in 32 partite. L’anno dopo in Bundesliga la media scende ma resta pur sempre onorevole: 15 gol su 33 presenze.
Ne segnerà 40 (record ineguagliato) nel 1971/72; 85 nel solo anno solare 1972 tra club e nazionale; vincerà la classifica cannonieri per sette volte, sarà il miglior realizzatore del Bayern dal 1964/65 al 1977/78. Numeri, numeri, numeri. Nel caso di Gerd Muller sono proprio le statistiche a dare l’idea della grandezza di un giocatore soprannominato semplicemente “il” Bomber. Uno che alla seconda presenza in nazionale segnava quattro gol all’Albania (poker ripetuto in altre tre occasioni, contro Cipro, Unione Sovietica e Svizzera) e nell’ultima siglava il 2-1 decisivo contro l’Olanda di Cruyff, regalando il secondo titolo mondiale della sua storia alla Germania.
Era il 7 luglio 1974. Sarà l’ultima volta che Muller scenderà in campo con la maglia della nazionale tedesca: lo fa segnando al 43′ del primo tempo, dopo che l’Olanda era passata in vantaggio al secondo minuto con Neeskens su rigore e sempre dal dischetto Breitner aveva ristabilito la parità al 25′. La sfida degli adoni Beckenbauer-Cruijff, viene così decisa con l’ennesimo gol dentro l’area dal bomber tascabile Muller: negazione vivente del vigore e della bellezza del calcio totale degli olandesi.
Ma è proprio Muller, con i suoi “golletti” (ribattezzati così proprio dal ct della Germania campione Helmut Schoen), a rappresentare al meglio l’essenzialità del calcio tedesco. «Lo scopo del gioco del calcio è segnare non girare in lungo e in largo» è la difesa del Bomber. Arduo dargli torto. A meno di considerare il Portogallo la squadra migliore del mondo, e lo sarebbe da decenni se nel calcio non esistessero le porte. Invece esistono, per fortuna di Muller e della Germania, che lo ha visto andare in gol 68 volte in 62 gare. Un record, come quello delle 14 segnature in 13 presenze nella fase finale dei mondiali o quello dei 66 gol in 74 partite nelle competizioni europee (35 su 35 in coppa Campioni, 5 in una sola gara contro l’Omonia Nicosia nel torneo 1972-73).
Record che non impedirono al tecnico Pal Csernai, assunto il primo marzo 1979, di mettere alla porta Der Bomber: «Il mio Bayern punterà su altri giocatori». Cinque giorni dopo Muller va in America: passa alla North American Soccer League, dove ritrova Franz Beckenbauer (Cosmos) e Johan Cruyff (Los Angeles Atzecs). Lui firma un contratto per i Fort Lauderdale Strikers, dove resterà sino al ritiro nel 1982. Nella stessa stagione la squadra della Florida acquista anche George Best: la concretezza di Muller e la fantasia di Best, un peccato che un cocktail così esplosivo sia stato servito quando entrambi avevano ormai finito la birra. Due assi così diversi in campo e fuori, accomunati dalla chiusura della carriera e dai problemi con l’alcool una volta fuori dal terreno di gioco. «L’alcool mi ha rovinato la vita» è una frase di entrambi. Muller, per fortuna, è riuscito a salvarsi in tempo. Anche con l’aiuto di vecchi compagni del Bayern, come Uli Hoeness che dopo alcuni incarichi simbolici è riuscito a rimetterlo in sesto, al punto di affidargli la guida di alcune squadre del settore giovanile del Bayern. Per la soddisfazione del vecchio centravanti: «Non c’è niente di meglio che allenare i ragazzi, non potevo chiedere di più». LECHAMPIONS EUROPA
Gerhard Muller
Soprannome: ‘Der Bomber’
Nato il 3 novembre 1945 a Nördlingen (Germania)
Ruolo: centravanti
Squadre
TSV Nordingen, Bayern Monaco (Germania);
Fort Lauderdale Strikers (Usa)
Titoli vinti
Nei club
4 campionati 1969-72-73-74;
1 Coppa delle coppe 1967;
3 Coppe campioni 1974-75-76;
7 volte capocannoniere della Bundesliga;
477 gol in 490 partite.
In nazionale
Campionati europei 1972;
Coppa del Mondo 1974;
capocannoniere dei mondiali 1970 (10 reti);
maggior numero di segnature complessive in coppa del mondo (14 reti in 13 presenze);
capocannoniere della nazionale tedesca 68 reti in 62 partite.
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