Ian St. John, Bill Shankly, Bob Paisley, Emlyn Hughes, Kevin Keegan, Kenny Dalglish, Ian Rush, Robbie Fowler. La Kop. Hanno rappresentato quanto di meno americano si potesse trovare in Inghilterra, tanto incarnavano lo spirito e l’orgoglio del Merseyside. Da poche ore l’eredità del mito e della leggenda dei Reds è in mani americane.
“Era inevitabile” è il commento più ricorrente tra tifosi e ex giocatori del passaggio del Liverpool in mani straniere. La squadra più vincente della storia del calcio inglese, come ampiamente annunciato, è stata acquistata dai miliardari americani George Gillett e Tom Hicks. Sono loro i nuovi proprietari del Liverpool football club.
Liverpool: Hicks, Parry, GillettLe prime decisioni del duo americano sono state sagge e eleganti: Rick Parry resta alla guida del club e al vecchio proprietario David Moores è stata offerta la presidenza onoraria a vita (accettata). Mosse astute per rassicurare azionisti, giocatori e tifosi sulla “volontà di dare continuità alla storia del Liverpool”, rispettandone passato lontano e recente.
La strana coppia è già proprietaria di due franchigie della National Hockey League: i Montreal Canadiens per Gillett, i Dallas Stars per Hicks. La loro offerta (e la rapidità) è stata preferite ai tempi biblici impiegati dal consorzio della Dubai International Capital per verificare i conti societari dei reds. L’offerta Usa è stata di 5000 sterline per azione, per un totale di poco superiore ai 174 milioni di sterline che aggiunto ai quasi 45 milioni di debiti e ai 200 milioni che verranno investiti immediatamente per allestire la squadra per la prossima stagione e realizzare il nuovo stadio a Stanley Park fa salire l’ammontare dell’operazione a quasi mezzo miliardo di sterline. Cifra incredibile che fa piazza pulita di tutte le possibili considerazioni etiche e romantiche.
La spiegazione della necessità dell’operazione l’ha data, inconsapevolmente, il manager dei reds Rafa Benitez, mentre tentava di mettere una pezza alla gaffe commessa dopo lo zero a zero nel derby del Merseyside di sabato scorso, quando aveva definito l’Everton una “provinciale, che viene qui a difendersi per non perdere”: “Il punto è che noi vogliamo competere con Manchester United, Chelsea e Arsenal, non possiamo avere come riferimento squadre come l’Everton”. E anche se Benitez si riferiva all’aspetto tecnico-tattico, la spiegazione vale ancor di più per quello societario: se i campioni in carica si affidano all’ex oligarca russo Abramovich, l’attuale capolista al magnate Usa Glazer e l’Arsenal realizza il nuovo stadio con gli emiri di Dubai, quella è la strada da seguire anche per il Liverpool.
L’autodifesa di Benitez in realtà spiega come gli stranieri non abbiano la minima percezione (e quindi nemmeno rispetto) della storia del calcio britannico, dove il blasone e il lignaggio sono dati dalla tradizione prima ancora che dalle sterline. Solo uno straniero può considerare il Chelsea una “grande” rispetto all’Everton: la squadra di Mourinho è la squadra dell’oggi, per i libri di storia c’è tempo e ancora tanta strada da fare.
Superficialità e capovolgimento di valori sono la conseguenza dell’approdo del calcio in borsa e dell’applicazione, a questo sport (e alle squadre che lo praticano) di concetti e strategie che non gli sono naturali: il Celtic lo scorso anno aveva acquistato Roy Keane, sebbene mezzo rotto, per rinverdire la sua immagine di squadra degli irlandesi; il Manchester United qualche anno fa aveva preso Jordi più che altro per poter vendere la maglia dei red devils col numero 14 e il cognome Cruyff sopra, giocando sull’equivoco e mortificando le qualità calcistiche del figlio di Johan. Il trionfo dell’area marketing che prevale e prevarica quella tecnica, imponendogli spesso scelte astruse.
Questi timori aleggiano su Anfield, ma sembrano diradarsi sempre più. Al momento si respira un’aria nuova e le promesse sono quelle di “preservare l’eredità morale del club e di rinforzare la prima squadra”, che è poi è quello che volevano sentirsi dire i tifosi, stanchi di prenderle da squadre che un tempo non lontano i reds scambiavano per tappeti sui quali passeggiare. Quei tempi sono cambiati e il Liverpool pure. This was Anfield. LECHAMPIONS EUROPA

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