Strani incroci. Mentre nella Nba i Boston Celtics accolgono il suo omonimo, l’ex manager dei Celtic Glasgow Martin O’Neill abbandona la panchina dell’Aston Villa, cinque giorni prima dell’inizio della Premier League 2010-11. 

'Dura lasciare un club così magnifico'Il tecnico nordirlandese lascia dopo quattro stagioni: nelle ultime tre ha portato i Villans sempre nelle prime sei posizioni. La tempistica delle dimisisoni è stata criticata da un grande ex come Gary Shaw, stella dell’Aston Villa campione d’Europa 1982: “Troppo presto, troppo vicino all’inizio del campionato. Avrebbe dovuto aspettare”. Sbagliato: troppo tardi. Avesse lasciato alla fine del campionato scorso, Martin O’Neill sarebbe il nuovo ct dell’Inghilterra o, più probabilmente, il nuovo manager del Liverpool. Ma parliamo di un uomo ammirato per la sua lealtà e la feroce determinazione nel voler portare il successo dove questo non è di casa. Villa Park è stata la scelta più recente di questo combattente nato. Amante della competizione, pronto a dare tutto se stesso per migliorare i destini dei club che allena. E’ accaduto ovnque sia andato: Wycombe, Leicester, Glasgow, Birmingham. Meglio, quasi ovunque: a Norwich era stato costretto a rassegnare le dimissioni dopo appena sei mesi, per le stesse ragioni che lo hanno portato via da Villa Park.
Assieme a David Moyes, Martin O’Neill può essere considerato il miglior manager britannico. I migliori eredi del monumento vivente Alex Ferguson, si sono dimostrati bravissimi nel gestire la rinascita di due nobili decadute come Aston Villa e Everton, nonostante la costante mancanza di denaro. I due condividono competenza, ambizione e dedizione alla causa. Quando O’Neill inizio la carriera da allenatore nel 1990 alla guida del Wycombe, ereditò una squadra di perdenti cronici. Se ne andò dopo cinque anni, durante i quali aveva rifiutato offerte da club decisamente più prestigiosi, riuscendo a  vincere due FA Trophy (la Coppa nazionale delle squadre semiprofessioniste) e a portare la squadra tra i pro.
Non avrebbe mai lasciato Birmingham se il club non avesse rinunciato a ogni ambizione. E invece lo ha fatto. I primi a contrastare il piano di O’Neill di consolidare l’Aston Villa tra le squadre di vertice sono stati i proprietari. Tre stagioni fa il tecnico si era opposto alla cessione di Gareth Barry al Liverpool per lo stesso motivo per cui Ferguson si era opposto a quella di Cristiano Ronaldo al Real Madrid: evitare il ridimensionamento del club. “Voi non siete più grandi di noi! Non ci portate via i nostri migliori giocatori! Le grandi squadre non vendono i loro campioni”. Una linea coraggiosa, decisamente apprezzata dai tifosi, molto meno dalla dirigenza.
Una delle tante frasi che il genio di Danny Blanchflower ci ha regalato, “Vincere non è tutto ma voler vincere sì”, si attaglia alla perfezione al compatriota Martin O’Neill. E l’impossibilità di poter coltivare questa ambizione è l’unica ragione dietro le sue dimissioni. Come puoi competere per un traguardo se ti vendono continuamente i tuoi migliori giocatori? A Villa Park sono pronti ad accettare le offerte per James Milner e Ashley Young, e per chiunque altro abbia un minimo di mercato. Una società senza alcuna speranza di vittoria. Al contrario per Martin O’Neill è facile prevedere che il successo sia dietro l’angolo. Magari si ritroverà presto a dover allenare Barry e Milner al Manchester City. Ma oggi non è quella la ragione dell’abbandono. ECL

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