Viale del tramonto affollato quello dei campioni del mondo 2006. Pochi giorni dopo la notizia dell’approdo a Malta, via Linkedin, di Cristian Zaccardo, arriva l’annuncio dell’imminente ritiro dal calcio giocato di Andrea Pirlo.
Dopo tre stagioni nel confortevole prepensionamento della Major League Soccer, il 38enne regista del New York City ha deciso di chiudere una carriera iniziata 22 anni prima con la maglia del Brescia. Alla squadra della sua città sono legati due momenti chiave: l’esordio a 16 anni e la trasformazione tattica voluta da Carlo Mazzone che lo sposta dalla trequarti in mediana. Regista arretrato: da lui partono le azioni concluse da Roberto Baggio.
Una azzardo che farà le fortune di Pirlo, sino a quel momento trequartista promettente ma discontinuo. L’Inter lo aveva acquistato nel 1998 ma lo presta prima alla Reggina poi al Brescia, nella convinzione di aver preso il classico numero dieci tutto talento e inconsistenza. Tre anni pieni di panchine, spezzoni di gara e qualche infortunio bastano ai nerazzurri per emettere una sentenza definitiva sul giocatore, che viene lasciato andare al Milan.
L’inizio della carriera rossonera di Pirlo sembra un prolungamento di quella nerazzurra: tanta panchina e pochi acuti. Solo gli infortuni della mediana titolare Ambrosini-Gattuso dano al giocatore l’opportunità di chiedere a Carlo Ancelotti di essere utilizzato davanti alla difesa e non nel ruolo di trequartista. Non si sposterà più. Il Milan e il mondo intero apprezzano l’intuizione avuta da Mazzone e scoprono un metronomo eccezionale, l’unico in grado di non sfigurare nel confronto con l’asso del Barcellona Xavi Hernandez, miglior regista al mondo degli anni Duemila. In coppia con Daniele De Rossi è il cuore del centrocampo della nazionale che nel 2006 conquista il titolo mondiale in Germania.
Nel centrocampo del Milan, protetto ai lati dai mastini Ambrosini e Gattuso, è l’uomo chiave della squadra che vince le Champions League 2003 e 2007 e perde ai rigori la finale 2005 di Istanbul contro il Liverpool.
Visione di gioco, piedi delicati ma capaci di conclusioni potenti dalla distanza e sui calci piazzati. Pirlo sviluppa una tecnica di tiro simile a quella del brasiliano Juninho Pernambucano, con la palla, colpita di collo, che non ruota, vola bloccata su se stessa, prende velocità, si impenna, scende e accelera verso la destinazione. Un marchio di fabbrica che farà le fortune del Milan sino al 2011, anno in cui vince il secondo scudetto in rossonero e, spinto via dal tecnico Allegri, passa alla Juventus. A Torino, sotto la guida di Antonio Conte, Pirlo aggiunge, ai due scudetti vinti col Milan, ben quattro campionati di fila e un’altra finale di Champions, persa stavolta contro il Barcellona in quella che sarà la sua ultima gara in bianconero. Troppo presto per tagliare col calcio, Pirlo decide di andare negli Stati Uniti, dove assieme a Frank Lampard e David Villa, impreziosisce i ranghi del New York City e della Major League Soccer. Nascoste dietro grandi giocate, appaiono evidenti carenza di motivazioni, poca mobilità, infortuni sempre più frequenti: tutti assieme hanno spinto Pirlo a evitare di trascinarsi in campo e dare l’addio al calcio prima che il calcio volesse liberarsi di lui. Lascia dopo aver vinto tutto quel che poteva vincere in Nazionale e in Europa a livello di club.  LECHAMPIONS EUROPA

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