

Il 5 luglio di trent’anni fa Paolo Rossi stendeva il Brasile con una tripletta e lanciava l’Italia verso la conquista del suo terzo titolo mondiale. L’anniversario dello storico successo della nazionale italiana sulla nazionale verdeoro, arriva pochi giorni dopo il sonoro 4-0 con cui la Spagna ha liquidato le ambizioni azzurre nella finale degli Europei 2012. Una sconfitta vissuta come ineluttabile contro i maestri spagnoli, ma lo sfavore del pronostico era ben maggiore 30 anni fa quando l’Italia si apprestava ad affrontare una squadra da sogno. Il Brasile di Telé Santana nei turni precedenti aveva incantato come solo l’Ungheria di Puskas nel 1954 e l’Olanda di Cruyff nel 1974 avevano saputo fare in passato. Troppo belle per essere pure vincenti? Di certo nessuna delle tre ha poi vinto il titolo.
Nel Mondiale spagnolo l’Italia aveva superato il primo turno a stento, arrivando seconda nel suo gruppo alle spalle della Polonia. Tre deludenti pareggi contro polacchi, Perù e Camerun: 3 punti e due soli gol segnati (da Bruno Conti nell’1-1 coi peruviani e da Ciccio Graziani nell’1-1 coi camerunensi). Numeri avari così come il gioco espresso. Nella seconda fase l’Italia finisce nel “girone della morte” con Brasile e Argentina campione del mondo in carica. Inutile dire quale tra le tre squadre sia il vaso di coccio. Contro l’Argentina gli azzurri vincono a sorpresa, ma con pieno merito. L’immagine simbolo del 2-1 sull’Argentina di Diego Armando Maradona, è la maglia del fuoriclasse argentino strappata da Claudio Gentile. Ma è solo un dettaglio di un’immagine più ampia che fotografa un’Italia viva e determinata e un’Argentina confusa, nervosa, incapace di fondere al meglio il talento di Maradona con quello della squadra che quattro anni prima aveva vinto il Mondiale a Buenos Aires.
Il successo su Passarella e compagni è incoraggiante ma non al punto da attribuire alla squadra di Bearzot realistiche possibilità di vittoria contro il Brasile. Nessuno azzarda tanto. Alla sfida del Sarrià la Selecao arriva sulla scia di prestazioni vincenti e spettacolari da incantare chiunque. Non c’è appassionato che non “tifi” per quel Brasile. Impossibile non restare ammirati davanti a un simile concentrato di stile e bravura. Anche i terzini del Flamengo Leandro e Junior inventano gioco sulle fasce come fossero mezzali. Una squadra che per nove undicesimi sembra fatta da marziani. Con le eccezioni del portiere Valdir Peres e del centravanti Serginho, che sembrano messi lì a ricordare che quando in squadra hai Zico, Cerezo, Falcao e Socrates ti puoi permettere di lasciar scoperti ruoli altrove fondamentali o farli ricoprire al primo che passa. Esagerazioni? Il Brasile chiude a punteggio pieno la prima fase grazie. Si parte col sofferto 2-1 in rimonta sull’Unione Sovietica: Peres alla mezz’ora si fa sfuggire un tiretto di Bal molle e centrale, e per superare Dasaev servono i capolavori di Socrates al 75′ e il memorabile missile di Eder all’88’, dopo velo-tunnel di Falcao. Poi arriva il 4-1 sulla Scozia di Dalglish e Souness, anche stavolta in rimonta. La prima fase si chiude col 4-0 alla Nuova Zelanda: splendida doppietta di Zico. Nella seconda fase il derby sudamericano con l’Argentina è considerato il vero ostacolo. Ma viene saltato dai brasiliani con facilità: Zico stravince il confronto a distanza con Maradona e il 3-1 finale è punteggio fin troppo generoso con gli argentini che trovano il gol della bandiera solo allo scadere con Ramon Diaz. Le prime quattro esibizioni della Selecao al mondiale spagnolo sono prove di classe e bravura assolute. Impossibile aver riserve o paura di qualunque avversario, l’unico termine di confronto per una squadra del genere è la storia: i commentatori brasiliani arrivano a chiedersi se non sia questa, e non il Brasile 1970, la Selecao più bella di sempre.
Euforia diffusa e contagiosa. E pericolosa: solo Telé Santana e i giocatori sembrano ricordarsi che c’è ancora da giocare la partita con l’Italia e non si tratta di un’amichevole. Ma nessuno concede chances agli italiani. Nemmeno dopo il vantaggio siglato da Paolo Rossi al 5′. E’ già successo due volte in questo torneo: il Brasile ha sempre rimontato. Stavolta fa ancora più veloce del solito: passano appena sette minuti e Socrates sigla il pari infilando Zoff con un rasoterra sul primo palo. Al 25′ però Paolo Rossi raddoppia. Da non credere. Una rivincita per il centravanti della Juventus, rientrato in campo sul finire del campionato dopo aver scontato la squalifica per il calcio scommesse, e criticato pesantemente per le impalpabili prestazioni nelle prime quattro sfide. Solo Enzo Bearzot poteva pensare di convocare Pablito in quelle condizioni e schierarlo titolare dal primo minuto in tutte le partite. E per questa ostinazione il ct verrà criticato pesantemente, molto pesantemente. Ma la prova del campo darà a Bearzot tutte le ragioni possibili. Il Sarrià conferma che l’unica medicina che può guarire un bomber è il gol: Rossi poteva recuperare solo segnando e per segnare doveva giocare. Ovvio e lineare. Oggi. Allora lo era solo per il commissario tecnico azzurro. Ripagato da Rossi che dopo la rete segnata in apertura ritorna l’opportunista ammirato quattro anni prima ai mondiali d’Argentina e in campionato, prima della squalifica, con le maglie di Lanerossi Vicenza e Perugia. Il 2-1 italiano mette agitazione nei brasiliani e dà fiducia agli italiani, tra i quali si segnalano le grandi prestazioni difensive del 18enne Beppe Bergomi, subentrato al 34′ a Collovati, e di Claudio Gentile, che riduce la maglia di Zico in condizioni peggiori di quella di Maradona. Ma non è solo difesa. La bravura di Antognoni nel lanciare il contropiede e quella di Conti e Tardelli nell’alimentarlo servono a tenere alta la tensione nella retroguardia verdeoro con Luisinho meno spregiudicato del solito. Quando l’eventualità del successo azzurro inizia a prender corpo, al 68′ arriva il pari di Paulo Roberto Falcao con un gran tiro dal limite dell’area. Per le illusioni italiane sembra una campana a morto: il Brasile si riprende primo posto e qualificazione per la semifinale. Ma è il giorno di Rossi: al 74′ il numero 20 azzurro riporta l’Italia avanti per la terza volta. Nel quarto d’ora finale ci sarà tempo di vedere un gol annullato ad Antognoni e una parata sulla linea di Zoff su colpo di testa di Oscar Bernardi: 3-2 per gli azzurri e Brasile eliminato. Successo davvero memorabile. Un’impresa capace di uguagliare e forse, vista la forza degli avversari, superare il 4-3 sulla Germania nella semifinale dei mondiali messicani del 1970. Rossi firmerà con una doppietta anche il 2-0 in semifinale sulla Polonia di Boniek e il primo gol del 3-1 nella finale con la Germania Ovest di Rummenigge. Gol e prestazioni che gli varranno il Pallone d’oro. ECL
5 luglio 1982, Mondiali di Spagna 1982 – Secondo turno, fase a gironi (Gruppo C) / Barcellona, stadio Sarrià
ITALIA-BRASILE 3-2 (2-1)
Italia: Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati (Bergomi 34′), Scirea, Conti, Tardelli (Marini 75′), Rossi, Antognoni, Graziani. Allenatore: Enzo Bearzot
Brasile: Valdir Peres, Leandro, Oscar, Luisinho, Junior; Cerezo, Socrates, Falcao, Eder; Zico; Serginho (Paulo Isidoro 69′). Allenatore: Telé Santana
Arbitro: Klein (Israele)
Reti: Rossi 5′, 25′, 74′; Socrates 12′, Falcao 68′
Sintesi di Italia-Brasile 3-2 (commento di Enrico Ameri)
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