
Zidane, Del Piero, Raul, Beckham: da mesi la pubblicità ci ricordava che erano sulla strada di Lisbona. Forse per questo hanno imboccato la via del ritorno prima di tutti.
Ci aspettavamo gli Europei dei gladiatori, decisi dalla loro classe, dalla loro forza, dalle loro doti quasi sovraumane. Del resto, questo da mesi propinava la pubblicità.
Abbiamo visto i grandi assi del calcio europeo compiere gesta straordinarie per le più potenti multinazionali dell’ abbigliamento sportivo. Li abbiamo visti correre alla velocità della luce, dribblare uomini come fossero manichini , calciare con la potenza e la precisione degli dei, fare, addirittura, acrobazie su due ruote. Li abbiamo invidiati, più belli del sole, li abbiamo ammirati, adulati. Li abbiamo attesi, impazienti.
Poi sono iniziati gli europei e abbiamo scoperto, d’un tratto, che tutto non era come ce lo eravamo immaginato, come ci era stato propinato.
Così, abbiamo sentito Del Piero offendersi per non essere considerato dal Trap alla stregua di Totti e lo abbiamo compreso perché calciare di tacco una palla su una Vespa non è da tutti. E Del Piero ci ha rassicurati subito promettendo che questo sarebbe stato il suo Europeo. Ma quando è sceso in campo nessuno se ne è accorto.
E nessuno si è accorto neanche del figliol prodigo (se non per uno sputo a un avversario) che, nella pubblicità per una bibita, sovrastava eroico due avversari, facendoci sognare.
Meglio stendere un velo pietoso, poi, sulla volgarità della federazione italiana che ha fatto di tutto per non fare squalificare Totti chiamando a sua difesa l’esimia avvocatessa dell’altrettanto esimio senatore Giulio Andreotti.
Abbiamo anche visto la comitiva azzurra trasformarsi da corazzata imbattibile a spocchiosa pantomima dell’armata brancaleone: la vera Armata Brancaleone ci avrebbe almeno fatto ridere.
Ma non c è niente da ridere per uno che si alza la mattina e, guardandosi allo specchio, può affermare con fierezza di essere un uomo vero, anche se ignora completamente la differenza tra la cronaca di un fatto e un attacco offensivo alla persona. Del resto, coi tempi che corrono, cos’ è un uomo vero? Quello che si sbaciucchia con la nuova fidanzata davanti agli obiettivi delle riviste patinate?
Ma fortunatamente (o sfortunatamente: a seconda), la debacle dei gladiatori non ha riguardato solo l’Italia: Beckham, Zidane, Henry, Raul, Kahn e compagnia, scritturati tutti da Raitre per Chi l’ ha visto.
Si può già ora affermare, insomma, che l’Europeo è stato un flop per le multinazionali che hanno investito tutto sui grandi assi, rivelatisi più bravi nelle vesti di attori che in quelle di calciatori. E di questo dobbiamo essere contenti: ci riesce sempre più difficile distinguere tra finzione e realtà, tra immagine e sostanza, e l’europeo se non altro ce lo ha mostrato, e dimostrato, facendoci capire che qualcosa non va nel sistema di valori che ci viene incessantemente imposto dal mercato e dai media.
Al flop dell’ immagine è corrisposta la vittoria della sostanza: le quattro nazionali giunte alle semifinali sono quelle che, senza dubbio, hanno più meritato e i gladiatori sono quelli incoronati dal campo, non dalla pubblicità.
Godiamoci, dunque, un po’ più desti questa vittoria dello sport, sperando che i gladiatori di oggi si impegnino sempre a esserlo sui campi da gioco, e non solo sui set pubblicitari che immancabilmente si apriranno anche per loro a torneo finito.
Intanto anche Olanda e Repubblica Ceca se sono andate, a e ci attende una grande finale fra un grande Portogallo e una sorprendente Grecia, due squadre spinte dall’entusiasmo del proprio pubblico e da una voglia di rivalsa per delle vittorie mai venute.
Comunque non tutto è perduto: il capovolgimento dei pronostici, lo spettacolo multicolore dei tifosi, due o tre gare di grande livello e intensità (Portogallo/Inghilterra, Repubblica Ceca/Olanda) e la scoperta di nuovi giovani talenti come Cristiano Ronaldo, Rooney e Cassano hanno fatto di questo europeo, un grande europeo. Godiamocelo fino in fondo e, almeno per ora, fine dello spot. LECHAMPIONS EUROPA
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