Il nazionale irlandese Clive Clarke svenuto durante il match Leicester City-Nottingham Forest è in condizioni stazionarie. Il calcio non è più uno sport salutare.
Verrà ricordato come uno dei martedì più tristi della storia del calcio. Lacrime per Antonio Puerta, commozione per il piccolo Rhys Jones, apprensione per Clive Clarke.
Nel pomeriggio la notizia della morte di Antonio Puerta: il 22enne giocatore del Siviglia non ce l’ha fatta. Da tre giorni in terapia intensiva all’ospedale Virgen del Rocio di Siviglia, era svenuto alla mezz’ora del primo tempo del match inaugurale della Liga 2007-08 che metteva di fronte Siviglia e Getafe. La morte di Puerta è stata provocata da una displasia del ventricolo destro che ha favorito l’infarto. Il giocatore aveva già avuto due collassi nello scorso campionato e un altro durante un allenamento. L’Inter aveva fermato Kanu per molto meno. Non tutti i medici sono uguali, e anche un calciatore come qualunque cittadino deve sperare di mettere la sua vita nelle mani giuste. Non sempre accade.
Poche ore dopo a Liverpool, la gara di ritorno del turno preliminare di Champions league tra i reds e il Tolosa è stata preceduta da un toccante saluto dello stadio di Anfield alla famiglia dell’11enne tifoso dell’Everton Rhys Jones, ucciso mercoledì scorso. Tutta la famiglia indossava le maglie dei toffees, mentre gli altoparlanti diffondevano le note dell’inno dell’Everton. Una parentesi di dolore all’interno di un’altra.
Qualche minuto più tardi a un centinaio di chilometri di distanza, nell’intervallo del match di Carling Cup tra Leicester City e Nottingham Forest, il nazionale irlandese Clive Clarke, al City in prestito dal Sunderland, è svenuto davanti ai compagni. Con il dramma di Antonio Puerta ancora nella testa e negli occhi è sembrato di vivere un brutto sogno. Il match è stato interrotto e il giocatore portato d’urgenza al Queen’s Medical Centre, dove gli è stata diagnosticata una “grave malattia”. Al momento le sue condizioni sono stazionarie.
I farmaci somministrati agli atleti per migliornarne il rendimento, aumentando la soglia della fatica, hanno ormai oltrepassato i limiti umani. Il corpo si ribella ma quando l’atleta, “anestetizzato” dai farmaci, se ne accorge è spesso troppo tardi.
Un fenomeno non isolato né episodico. Non sempre è mortale come accaduto per Puerta ma giovani atleti stroncati da infarti rappresentano la prova che lo sport professionistico non è più sinonimo di attività fisica salutare, al contrario sta diventando uno spot contro la salute. “Dovresti praticare più sport”. “No, grazie. Voglio vivere a lungo”. Un tempo era una battuta. LECHAMPIONS EUROPA
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