Il francobollo celebrativo dedicato a Arsenio Erico

Tanti anni fa, all’inizio del Ventesimo secolo, il Paraguay viveva uno dei periodi più travagliati della sua storia: la giovane nazione sudamericana pagava ancora lo scotto della durissima “Guerra della Triplice Alleanza”, conflitto combattuto negli anni sessanta del 1800, per motivi territoriali, contro Brasile, Argentina e Uruguay. Non abbiamo intenzione di farvi una lezione di storia, ma la guerra portò via al piccolo Paese, cuore geografico del continente sudamericano, la metà della popolazione (circa 250mila le perdite tra soldati e civili). Scotto pesantissimo per una nazione che subì anche un drastico ridimensionamento dal punto di vista territoriale, e fu sottoposta, per alcuni anni, al giogo dell’occupazione straniera (prima brasiliana, poi argentina); e infine subì anche un duro embargo dai tre Paesi con cui aveva combattuto.

Dopo 40 anni, le cose non andavano meglio: tra il 1904 e il 1908 si succedettero 7 presidenti. L’anarchia regnava sovrana tra le strade di Asuncion (la splendida “madre delle città”: Asuncion è l’insediamento dal quale sono partite le spedizioni e i coloni che fonderanno città come Buenos Aires, Santa Fé e Villarrica) e l’atmosfera dominante in un Paese che, sino a pochi anni prima, era l’unico a non avere debiti esteri, era tra il lassismo e la rassegnazione. In questo contesto, il classico faro in mezzo alle nebbia era rappresentato dal “Colegio Nacional“, centro per gli studi rinomato in tutto il Sudamerica. Il Paraguay vantava in quegli anni un primato da invidiare: era il Paese più letterato dell’America latina. Il Collegio della capitale era il simbolo di una nazione colta, in cui almeno il 90% dei cittadini sapeva leggere e scrivere.

La storia del Club Nacional di calcio è strettamente legata a quella dell’Academia: tutto infatti cominciò con un professore, amante dell’esercizio fisico, l’olandese William Paats (considerato il padre del calcio paraguaiano: l’olandese fece parte anche del ristretto gruppo che creò il primo club del Paraguay, l’Olimpia d’Asuncion), che propose ai vertici del collegio di integrare una disciplina sportiva nel programma di studio della rinomata scuola. La proposta riscosse un gran successo tra gli alunni: all’inizio “don William” proponeva di introdurre il cricket. La proposta fu scartata e lo sport prescelto fu il calcio, disciplina in ascesa e sempre più alla moda nelle nazioni confinanti. I padri degli alunni cominciarono ad organizzarsi, e il fu signor Molinas propose una riunione nella propria casa per discutere dei dettagli circa la creazione del famoso club: e qui parte l’aneddoto tra il mitologico e il romantico. L’attesa era forte nei gruppi studenteschi: alcuni degli alunni più giovani, ansiosi di aver notizie sul futuro del calcio all’Academia, fecero praticamente irruzione in casa Molinas. Costui pervenne a calmare i giovani, chiedendo di aspettare fuori mentre la riunione con i dirigenti della scuola si protraeva in un caldo pomeriggio del 5 giugno 1904. Il gruppetto d’alunni si mise quindi ad aspettare in strada, riparandosi all’ombra di un yvapovõ, un albero d’uva tipico del Sudamerica. E sotto i rami protettori dell’albero, secondo la mitologia del Nacional, nacquero i presupposti della fondazione di uno dei club più amati del Paraguay, vero antesignano del calcio nel paese “tricolor”. Furono scelti il nome del club, immaginate le prime formazioni e i campi: e si racconta inoltre che, quando una discussione importante per il futuro della squadra era in corso, la decisione ultima venisse presa all’ombra dell’albero protettore, che è poi diventato simbolo del club. Il 5 giugno 1904 segna l’inizio di uno splendido sogno che vedrà la sua realizzazione il 18 novembre del 1904 con la nascita ufficiale, sotto la guida del presidente Lucio Sila Godoy, del Colegio Nacional, secondo club della città d’Asuncion (il celeberrimo “Club Olimpia”, club più titolato del Paraguay e vincitore di tre Libertadores, fu fondato infatti nel 1902). Una storia che non ha nulla d’invidiare a quella delle grandi europee del calcio di oggi.

Alcuni tra i nostri lettori potranno chiedersi perché riteniamo che il Nacional, benché nato dopo e meno titolato, sia il vero principio del calcio paraguaiano: la risposta è nei valori sportivi rappresentati dal collegio, dal movimento di supporto giovanile che il nuovo club creò, dall’atmosfera decubertiniana che il Nacional portava con sé. Giocare a calcio non rappresentava solo una mera attività fisica, ma crescita, collettività e comunione d’intenti. Il Nacional incarnava lo spirito di una gioventù che, di fronte a tutte le tribolazioni della storia paraguaiana, si riuniva su un campo di calcio per provare a crescere e prender a calci i problemi della vita.

Il francobollo celebrativo dedicato a Arsenio Erico
Il francobollo celebrativo dedicato a Arsenio Erico

Da quel 18 novembre ne è passata di acqua sotto i ponti: il Nacional ha lottato, vinto campionati (ben 9) e dato il la alla carriera di quello che, ancora oggi, viene considerato come il miglior calciatore paraguaiano della storia: Arsenio Erico, mitico attaccante della “Tricolor” e bomber di razza con l’Indipendente, capace di realizzare ben 293 goal in 325 presenze col club argentino. Ebbene, il Nacional quest’anno è tornato ad altissimi livelli, insegnando calcio anche nella massima competizione continentale in Sudamerica: quella Coppa Libertadores che sarebbe un sogno per il piccolo-grande club del Colegio.
Ma si tratta di un sogno sempre più vicino, dopo la splendida vittoria casalinga nell’andata delle semifinali contro il Defensor Sporting e la sconfitta di misura nel match di ritorno che hanno assicurato al Nacional la finale della Libertadores 2014. Nessuno a inizio stagione poteva immaginare l’Arsenio Erico (piccolo stadio dedicato proprio al più grande giocatore paraguaiano) teatro di una delle due gare della finale del torneo più prestigioso del Sud America.

Dalle parti di Asuncion credono nella squadra miracolo, capace di eliminare sul suo cammino giganti del calcio sudamericano come Velez e Arsenal Sarandì: quel che possiamo dire è che, qualunque sia l’esito, la grande storia del Nacional non sarà certo scalfita da un’eventuale sconfitta in finale. All’ombra del lussureggiante yvapovõ, il calcio è ben più che la vittoria di una coppa o prevalere su un avversario: il calcio è passione, collettività e amore per lo sport.

Andrea Previtera