

Novantesimo minuto, Siria-Uzbekistan, Qualificazioni mondiali, l’arbitro fischia un rigore a favore dei siriani, sul dischetto va Omar Kharbin che ha la possibilità di sbloccare il risultato e avvicinare la sua nazionale al mondiale di Russia 2018. Con la partita ancora sullo zero a zero, con quel che rappresenta la nazionale siriana, sia per il regime di Assad che per la popolazione stremata da anni di guerra civile, quel pallone pesa una tonnellata: chiuderà gli occhi e tirerà forte al centro o avrà la freddezza di angolare rasoterra? Kharbin, 23enne punta dell’Al Hilal, s’inventa un cucchiaio perfetto, a mezza altezza, incurante della storia, dei rischi, spazzando via tutta la retorica attaccata a quel pallone.
Con quel guizzo, quella leggerezza, il nazionale siriano ha ricordato a tutti che anche se in campo ci vanno Siria o Palestina o Iraq il calcio resta un gioco e se riesci a non dimenticarlo è meglio. Il rigore viene calciato con la spensieratezza e la sfacciataggine del ragazzino che lo calcia nel parco o nella piazzetta sotto casa o del professionista che lo prova in allenamento o in amichevole. Il pallonetto è perfetto, sorprende portiere, avversari, compagni e il Ct della nazionale siriana Ayman Hakeem, che piangerà in conferenza stampa per l’emozione di una vittoria “storica, perché vuol dire molto per noi, per il popolo siriano”.
L’1-0 di Kharbin è stato un lampo, un raggio di luce, capace di far dimenticare che a causa della guerra la Siria è costretta a giocare le sue partite casalinghe in Malesia. Forse ha ragione Hakeem: non era un rigore normale e Kharbin, che ha evitato la chiamata dell’esercito siriano, solo perché figlio unico, è un incosciente o un campione. LECHAMPIONS ASIA