Emlyn Hughes (Liverpool)

«Lo chiamavano “cavallo pazzo” e avevano ragione perché lui era così: su e giù per il campo, senza mai fermarsi». Terry McDermott, suo compagno di squadra nel Liverpool, ha ricordato così Emlyn Hughes, l’ex capitano dei Reds, scomparso all’inizio di questa settimana ad appena 57 anni, stroncato da un tumore al cervello.

Emlyn Hughes è stato innanzitutto un vincente. In tutto quel che ha fatto. Come calciatore, come marito, come padre, come presentatore tv alla Bbc. «Non credo abbia mai pensato di poter perdere qualcosa, di certo non una partita» ricorda Phil Neal, altro compagno di squadra ai tempi del grande Liverpool.

Emlyn, figlio di Fred Hughes, ex nazionale inglese di rugby, inizia la sua carriera calcistica nel Blackpool. Da sùbito mette in mostra il suo gioco a tutto campo: il calcio totale arriverà con l’Olanda di Johan Cruyff, ma Emlyn Hughes è un caso esemplare di giocatore in grado di abbinare impeto e corsa britannici con visione e tecnica di gioco decisamente più latini.

Una combinazione simile non sfugge agli occhi di uno dei più grandi manager di sempre: Bill Shankly. Che passa per matto quando, nel 1967, versa l’allora esorbitante cifra di 65.000 sterline per portare ad Anfield Road il diciannovenne Hughes. Per lui, sino ad allora, appena 29 presenze nel Blackpool.

Proprio durante il viaggio di trasferimento in auto da Blackpool a Liverpool, Shankly viene fermato dalla polizia per uno stop non funzionante:«Non può fermarmi, non vede che ho in macchina il capitano della Nazionale inglese di calcio?», «Ma non è lui il capitano della Nazionale» (era Bobby Moore, che solo un anno prima aveva sollevato la coppa del Mondo a Wembley), «Non lo è ancora, ma lo sarà presto». Il tempo (e Hughes) daranno ragione a Shankly: l’ormai ex giocatore del Blackpool indosserà la maglia della nazionale inglese ben 62 volte, 23 delle quali con la fascia di capitano al braccio. Coi reds inizia da terzino sinistro, ruolo in cui può esibire la sua inesauribile capacità di andare su e giù per il campo, da un’area all’altra, senza sosta. Nel 1973, a soli 23 anni, viene nominato capitato e spostato al centro della difesa. Terzino o centrale il rendimento è sempre eccellente.

In undici stagioni coi Reds, salterà appena 14 incontri di campionato totalizzando 462 presenze, che salgono a 665 considerando le coppe europee e quelle nazionali. Un numero incredibile considerando l’interpretazione del ruolo di libero particolarmente coraggiosa e vigorosa, che alterna contrasti, discese palla al piede, autentici “coast-to-coast”, lanci millimetrici a lunga e corta gittata. Le grandi doti tecniche unitamente alle smisurate risorse atletiche gli consentono frequenti incursioni nelle aree avversarie, spesso concluse in gol. Ben 35 nelle 11 stagioni coi Reds.

«La dote migliore di Hughes era la sua fiducia incrollabile e contagiosa. Voleva vincere, sapeva di poterlo fare e voleva riuscirci con tutta la squadra». Le parole di Ron Greenwood, ct dell’Inghilterra tra il 1977 e il 1982, inquadrano perfettamente l’attitudine di Hughes. In Nazionale e nei club. Giusto quindi che nel maggio 1977 sia toccato a lui l’onore di essere il primo capitano della storia del Liverpool a sollevare la coppa dei Campioni, dopo la vittoria 3-1 all’Olimpico sul Borussia Moenchengladbach capitanato da Berti Vogts.

Nell’estate Kevin Keegan viene venduto all’Amburgo e arriva dal Celtic Glasgow Kenny Dalglish, che contro il Bruges segnerà il gol partita nella finale di coppa Campioni dell’anno dopo. Nel 1979 il Liverpool non riesce ad imitare Ajax e Bayern, che avevano conquistato il titolo nei sei anni precedenti con tre vittorie consecutive a testa. I reds vengono eliminati dalla coppa Campioni dal Nottingham Forest, che poi si aggiudicherà il trofeo. Non è la fine di un ciclo, perché l Liverpool vincerà ancora il titolo europeo nel 1981 e nel 1984, ma per Hughes è la fine dell’avventura ad Anfield. Per 79.000 sterline passa al Wolverhampton. E qui conferma la sua fama di vincente, guidando i Wolves, da capitano naturalmente, alla conquista dell’unico trofeo mai raggiunto con il Liverpool: la coppa di Lega inglese.

Nel 1980 la Regina gli attribuisce l’Ordine dell’impero britannico, onoreficenza dovuta per “i servigi resi al football inglese”. Come molti calciatori britannici, tende a rinviare il momento del ritiro. Giocherà ancora con Hull, Mansfield e Swansea, prima di tentare la carriera da allenatore: un anno e mezzo con il Rotherham United prima di dire basta e passare alla tv. Dove si afferma per fascino e simpatia, come conduttore del programma della Bbc “A Question of sport”. Dando ragione ancora una volta a chi diceva che «Emlyn Hughes è un primo naturale. Riesce in tutto quel che fa: anche se deve preparare una tazza di té, sarà certamente la più buona di tutte». LECHAMPIONS EUROPA

Emlyn Hughes
Nato il 28 agosto 1947 a Barrow-in-Furness (Inghilterra)
Morto il 9 novembre 2004 a Sheffield (Inghilterra)

Ruolo
Terzino, mediano, libero

Squadre
Blackpool, Liverpool, Wolverhampton, Hull, Mansfield e Swansea

Titoli
Con il Liverpool:
2 Coppe Campioni (1977 e 1978)
2 Coppe Uefa (1973 e 1976)
4 Campionati (1973, 1976, 1977, 1979)
1 Coppa d’Inghilterra (1974)
1 Supercoppa europea (1978)

Con il Wolverhampton:
1 Coppa di Lega

In campionato
657 presenze; 48 gol

In Nazionale
62 presenze (esordio contro l’Olanda nel 1969)

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