
Effetto valanga. La condanna del Chelsea da parte della Fifa per l’acquisto del giovane attaccante del Lens Gael Kakuta ha scatenato il terremoto che si immaginava. Tutte le società che negli ultimi tempi si sono viste soffiare sotto il naso i migliori talenti dei propri vivai adesso passano al contrattacco.
La serie di ricorsi presentati o preannunciati dà la dimensione di quanto fosse diffuso questo shopping. Senza remore, né verso i giovanissimi calciatori né verso le società che su di loro avevano investito energie e denari.
Troppo accattivante l’idea di prendersi con poche decine di migliaia di euro un prodotto quasi finito, nella speranza di vederlo diventare un campione o un rincalzo da utilizzare in futuro come parziale merce di scambio per giocatori più forti. In entrambi i casi un investimento sicuro, perché capace di ripagare le spese iniziali.
Sul banco degli imputati per aver adottato questa strategia sono finiti, per ora, Manchester City, Liverpool, Chelsea e Manchester United. I Red devils dovranno fronteggiare le denunce alla Fifa del Le Havre e della Fiorentina. Quest’estate Paul Pogba è stato portato via ai francesi; e nello stesso periodo la società viola ha visto il 16enne Michele Fornasier firmare per la squadra di Ferguson, pronto a ingaggiare il ragazzo dopo averlo visto all’opera in un torneo giovanile in Irlanda del Nord. La normativa in vigore in Italia impedisce ai club nostrani di vincolare a sé con contratti di durata superiore ai tre anni i giocatori al di sotto dei 18 anni. Una norma che dovrebbe tutelare la libertà di movimento e scelta del giocatore ma che si scontra con la normativa più permissiva di altri paesi, che mette i club stranieri in condizione di offrire contratti più “vantaggiosi” per durata e somme di denaro. Situazione di disparità e impotenza già sperimentata nei casi di Giuseppe Rossi, Arturo Lupoli, Federico Macheda.
Il pugno duro della Fifa col Chelsea ha avuto il merito di sollevare il velo sulla questione, una conferma della sentenza contro il club londinese e le eventuali repliche nei confronti delle altre società sotto accusa, potrebbero avere la benefica conseguenza di spingere le “grandi” a riattivare i propri settori giovanili senza depredare quelli altrui.
Un settore giovanile prolifico e funzionante è la ragione dei successi di tante squadre, capaci di rinnovarsi e sopravvivere ai cicli e alle crisi in virtù della bontà del lavoro dei tecnici del vivaio. Per anni in Italia c’è stato l’esempio del Torino di Sergio Vatta ma anche del Milan: Baresi, Battistini, Evani, Maldini, Costacurta, Ambrosini sono tutti cresciuti a Milanello. In Inghilterra sino all’arrivo di Houllier era il Liverpool a poter vantare la miglior “academy”: Fowler, McManaman, Murphy, Carragher, Gerrard sono campioni fatti in casa. Accolti a dieci anni e portati sino alla prima squadra.
L’Arsenal di Arsene Wenger ha invece indicato una strada diversa, battuta poi da molti: inutile investire soldi e tempo su bambini di 8-9 anni che magari si perdono per strada, meglio farlo su quelli di 16, ormai a un passo dal diventare dei veri “pro”. Per far questo più dei buoni allenatori serve una rete di osservatori capace di indicare la meglio gioventù altrui per offrirla in pasto ai grandi club. Grandi soprattutto nel cinismo. ECL