E’ davvero un brutto periodo per il calcio. La notizia dell’infarto che a 43 anni ha stroncato la vita di Franco Mancini, preparatore dei portieri del Pescara, colpisce al cuore un ambiente ancora scosso dagli eventi delle ultime due settimane, che vanno dalla preoccupazione per le condizioni di Eric Abidal allo spavento per l’arresto cardiaco di Fabrice Muamba durante il match di Fa Cup tra Bolton e Tottenham, allo shock per la scoperta di una lucemia in stato avanzato ai danni del capitano dell’Aston Villa Stilian Petrov; in mezzo il lutto per le morti di Belal Mamdouh, 16enne egiziano ucciso a Port Said negli scontri tra tifosi e forze dell’ordine, e dei giocatori congolesi dell’AC Virgin annegati nel fiume Luapala. Una sequenza drammatica allungata dalla prematura scomparsa di Mancini, che lascia una moglie e due figli.
Spesso paragonato a René Higuita o a Jan Jongbloed, Franco Mancini rappresentava il prototipo del portiere-libero ma si differenziava nettamente da entrambi, perché decisamente più essenziale del colombiano e più sicuro nella presa dell’olandese.
Mancini era stato uno dei giocatori simbolo del Foggia di Zeman. Uno di quelli più esposti al rischio di brutte figure dal calcio ultramoderno e iperoffensivo del tecnico boemo. E se al tridente offensivo formato da Rambaudi, Baiano e Signori venivano di fatto riservati i vantaggi di queste tattiche, la linea di difesa molto alta e il portiere “volante” Mancini rappresentavano i cardini su cui si fondava il 4-3-3 foggiano. Solo alcuni dei giocatori di quel Foggia avrebbero seguìto Zeman nella sua avventura alla Lazio, tra questi Signori, Rambaudi, Mancini. Ma se i primi due a Roma si ritagliarono ruoli di primo piano, il portiere fu protagonista di un’apparizione fugace e marginale (appena sei presenze durante la stagione 1995-96), complice l’esonero del tecnico poco dopo il suo arrivo.
Va però riconosciuto al portiere di Matera di essersi saputo imporre, in 24 stagioni di attività (240 presenze in serie A), anche sotto altri tecnici e in squadre più “tradizionali”. Come nel Bari di Fascetti (tra il 1997 e il 2000) e nel Napoli (2000-2003). Insomma, se con Zeman venivano evidenziate la capacità di Mancini di leggere il gioco, intervenire a ridosso della linea di difesa, avviare il contropiede coi piedi e con le mani, le annate di Bari e Napoli ricordano che l’ex numero del Foggia era innanzitutto un portiere, e che aveva nelle uscite aeree e basse i suoi veri punti di forza, così come nella capacità di dominare l’area di rigore. Ma Foggia e in particolare Zeman restano i nomi che più di altri segnano la carriera di Mancini. E col ritorno a Foggia del tecnico boemo nell’estate 2010, si ha anche quello di Mancini nel ruolo di preparatore dei portieri. Incarico che manterrà anche a Pescara, nuova squadra di Zeman. La società abruzzese ha chiesto alla Lega di poter rinviare la sfida di campionato col Bari. Richiesta respinta e le due squadre, che hanno rappresentato tappe importanti nella storia calcistica di Mancini, lo ricorderanno col lutto al braccio. ECL
Franco Mancini
Nato a Matera il 10 ottobre 1968
Morto a Pescara il 30 marzo 2012
Da giocatore
Ruolo
Portiere
Club
Matera (1984-1987)
Bisceglie (1987)
Foggia (1987-1995 e 1996-1997)
Lazio (1995-1996)
Bari (1997-2000)
Napoli (2000-2003)
Pisa (2003-2005)
Sambenedettese (2005)
Teramo (2005-2006)
Salernitana (2006-2007)
Martina (2007-2008)
Fortis Trani (2008)
Da preparatore
Foggia (2010-2011)
Pescara (2011-2012)
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