Gioca a Baku ma la sua casa, lo stadio Imarat, è sepolta sotto le macerie di quel che resta di Agdam, città fantasma ribattezzata la “Hiroshima del Caucaso”. La fase a gironi dell’Uefa Champions League 2017-18 parte con la visita a Londra dei campioni dell’Azerbaigian, impegnati a Stamford Bridge contro il Chelsea di Antonio Conte. Una sfida dal pronostico segnato, che consentirà ai blues di far rifiatare parecchi titolari e ai tifosi del resto d’Europa di conoscere la storia di uno dei club più remoti e controversi dell’intero continente.
Sì, controversi. Perché se l’esordio del Qarabag in Champions ispira negli appassionati neutrali l’istintiva simpatia riservata alle cenerentole, lo stesso non si può dire per azeri e armeni: simbolo di speranza per i primi, emblema dell’ipocrisia del governo di Baku per i secondi.
Non ci sono mezze misure col Qarabag, diventato suo malgrado club emblema della guerra che nei primi anni Novanta ha devastato il Nagorno Karabakh. L’indipendenza dall’Unione Sovietica aveva riaperto il conflitto tra Armenia e Azerbaigian per il controllo di quel territorio e nella guerra era stata rasa al suolo la cittadina di Agdam, che ospitava il Qarabag, la maggiore antagonista delle squadre della capitale. Ma dal 1993 proprio a Baku il Qarabag ha dovuto chiedere asilo e ospitalità. Club di contraddizioni e contrasti, sintetizzati nella scelta dei colori sociali: nero e bianco, il buio dei giorni più nefasti e la luce della speranza.

Dopo aver esordito in Europa nella Coppa delle Coppe 1997-98 e accumulato parecchia esperienza internazionale nei turni preliminari e nella fase a gironi di Europa League, il Qarabag porta l’Azerbaigian per la prima volta nella fase finale della Champions, con la dote di unica squadra assieme al Neftci ad aver disputato tutte le edizioni del massimo campionato azero. Non poteva esserci alfiere più indicato.

Quel che resta del Museo di Agdam (Foto credit: Divot)
Quel che resta del Museo di Agdam (Foto credit: By Divot – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=21970828)

Dal 2008 sulla panchina del Qarabag siede il 45enne tecnico Gurban Gurbanov, che da allenatore si è rivelato ancora più bravo che da giocatore. Non era un brocco: parliamo del miglior goleador della nazionale azera di sempre. Se segnare un gol in campo internazionale con la maglia dlel’Azerbajian era un’impresa, quel che ha saputo fare sulla panchina del Qarabag è un prodigio di meticolosità, programmazione e lungimiranza. Puntare sui giocatori locali, sulla tecnica e sul possesso palla più che sulla prestanza fisica sono le chiavi della crescita dei ragazzi di Gurbanov, capace di conquistare negli ultimi quattro anni tre campionati, quattro Coppe nazionali e di raggiungere tre volte di fila la fase a gironi in Europa League e, adesso, in Champions. Un poker di stagioni eccezionali che ha contribuito a far crescere l’autostima dei giocatori e la considerazione per l’ottimo lavoro di Gurbanov. Capitato in un girone terribile – in verità per il Qarabag lo sarebbero stati tutti – il club azero non può ambire a nulla più di un’onorevole eliminazione. Contro Chelsea, Atletico Madrid e Roma il quarto posto è una certezza, la speranza è di non chiudere a zero punti. I giallorossi sono la terza squadra italiana che incrocia il Qarabag nelle coppe: un pari e una vittoria per l’Inter nel 2014-15, due vittorie nette per la Fiorentina nel 2016-17. LECHAMPIONS EUROPA

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