
Al Real le cose si fanno in fretta. Bernd Schuster non è più l’allenatore delle merengues. Il tedesco appartiene già al passato. Il presente, per i prossimi sei mesi, si chiama Juande Ramos.
L’ex tecnico del Siviglia, esonerato poche settimane fa dal Tottenham Hotspur dopo un avvio di stagione disastroso, è l’uomo su cui il presidente Calderon punta per dare una sterzata a una stagione finora deludente: fuori dalla Coppa del Re e nella Liga già a meno nove dal Barcellona primo in classifica. L’arrivo di Ramos soprende. Ma sabato il Real va al Camp Nou per affrontare il Super-Barca di queste ultime settimane (4-0 al Valencia nell’ultimo turno) e l’idea di mettere in campo la banda del buco ammirata anche contro il Siviglia a non piaceva a nessuno dei dirigenti madrileni, i primi colpevoli ma mai sotto esame. Almeno fino alle prossime elezioni.
Difficilmente il pragmatismo di Ramos avrà la meglio su uno spogliatoio pieno di giocatori sopravvalutati e mal assortiti. La mancata copertura della difesa non era figlia di una richiesta suicida di Schuster (che ha mostrato col Getafe di sapere mettere bene in campo una squadra), ma una pecca dovuta alla mancanza di incontristi di livello e la scarsa propensione al sacrificio di gran parte dei giocatori. Tutti pronti a correre solo con la palla al piede: nessuno che rispettasse le consegne, al punto che anche il tecnico tedesco ha sperato – sbagliando – che l’unico modo per vincere le partite fosse segnare un gol più degli avversari, cercando di tenerli il più impegnati possibile nella loro metacampo. La negazione del calcio offensivo ma razionale che Schuster sperava di praticare e che gli aveva consentito di vincere la Liga lo scorso anno. Quell’equilibrio in questa stagione non si è mai visto.
Le prime donne al Real sono la norma, le prime donne senza fiato né orgoglio no. La colonia olandese è piena di talento ma nessuno da Robben a Van der Vaart ha il carisma del leader. Cannavaro è ancora un difensore formidabile in una difesa dove ognuno fa il suo, se deve tappare i buchi altrui mostra l’età. I Gago e gli Higuain sono ottimi rincalzi, costretti a diventare titolari per disperazione: hanno risposto bene ma i campioni sono altra cosa. Dell’asse storico Casillas-Guti-Raul solo l’ultimo tiene alta la propria reputazione: il portiere sta attraversando la stagione peggiore della sua carriera, mentre Guti conferma di essere il giocatore più evanescente e graziato (dai suoi allenatori) della storia del club. A gennaio arriva Huntelaar ma questa squadra per funzionare va ripensata da cima a fondo. Ramos lo sa ma è difficile che abbia l’autorità per imporre certe scelte a una dirigenza che lo ha tirato fuori dall’angolo della sconfitta. Arriva con l’unica credenziale di aver accettato il posto senza condizioni, anche se nega: «Non è vero. Ho accettato il contratto di sei mesi, perché ho sempre voluto contratti brevi nella mia carriera». In meno di due ore Ramos stamane già firmato il contratto. Nemmeno il tempo di leggerlo.
Il Tottenham, fatto fuori lo spagnolo ha iniziato a volare sotto la guida di Harry Redknapp, e questo ha fatto sì che molti in Inghilterra (Paul Ince è stato il primo) abbiano criticato la scarsa professionalità dei giocatori alle sue dipendenze: indolenti e indisciplinati sotto il tecnico spagnolo, improvvisamente saggi e brillanti appena arrivato il vecchio Harry. Il Bernabeu non è White Hart Lane e Ramos avrà gatte da pelare ancora maggiori: mettere in panchina Guti o Raul non è come farlo con Huddlestone o Darren Bent.
Nessuno tra Ramos e il Real ha qualcosa da perdere? Non è proprio così. Il Real è ancora in corsa per la Liga (i meno nove di oggi possono diventare meno sei dopo la sfida al Camp Nou) e la Champions League. E Ramos se non vince (cosa molto probabile) rischia di diventare sinonimo di perdente. Nubi nere all’orizzonte per tutti. Calderon incluso. ECL