Stefano Chiodi è morto poche settimane prima di compiere 53 anni.
Una vita breve, stroncata da un tumore. Stesso destino di due compagni di squadra ai tempi del Bologna: Giacomo Bulgarelli e Giuliano Fiorini, coi quali aveva condiviso una forte amicizia anche fuori dal campo.
Vita breve, carriera brevissima. Ritirato ad appena 28 anni, Stefano Chiodi non è stato un giocatore che ha scritto la storia del calcio ma ha giocato a buoni livelli con la maglia del Bologna e della Lazio, legando il suo nome soprattutto alle due annate trascorse nel Milan.
Qualcuno per celebrare la grandezza di Nils Liedholm diceva: “E’ stato capace di conquistare uno scudetto con Chiodi centravanti”. Formula non troppo generosa nei confronti di un giocatore che nel Milan della Stella aveva funzionato benissimo, nonostante il bottino di sette gol, di cui uno solo su azione. Ingenerosa e imprecisa: perché l’attaccante acquistato dal Bologna, dove nella stagione 1977-78 si era messo in luce segnando 8 reti in 22 gare, doveva garantire movimento e spazi per gli attaccanti mascherati da mezzepunte, cui Liedholm chiedeva di partire da dietro per arrivare a concludere “faccia alla porta”. Chiodi, coraggioso e aggressivo, era il rompighiaccio di quella squadra e con Antonelli formò per due stagioni la coppia di attaccanti più anomala del campionato italiano: Liedholm pur di favorire la manovra e togliere un punto di riferimento all’avversario (tutti giocavano con due marcatori fissi), rinunciava sia alla torre che al classico rapinatore d’area. Adesso lo fanno in molti, allora no.
La stagione 1978-79 occupa un posto unico nella storia milanista. Perché è stata quella in cui i rossoneri hanno conquistato il decimo scudetto; ritrovato l’accesso per la Coppa dei Campioni (allora lo era davvero: ammessi solo i vincitori dei campionati); la prima di Franco Baresi, l’ultima di Gianni Rivera: quello che a posteriori si sarebbe rivelato come il passaggio di consegne tra i due più grandi capitani della storia del club. Due fuoriclasse assoluti. Ma non solo loro. In quella squadra c’era spazio anche per una leggenda come Ricky Albertosi, che a 39 anni era ancora capace di dividere gli appassionati su chi fosse effettivamente il migliore tra lui e Dino Zoff. Maglione giallo e parate spettacolari per il numero uno del Milan, maglia grigia e tanto piazzamento per il custode della Juventus e della nazionale di Bearzot. Davanti a lui il giovanissimo Baresi, con Collovati e Bet in marcatura e Aldo Maldera a spingere sulla sinistra. Nel centrocampo il fosforo veniva garantito da Gianni Rivera (solo per dieci partite), poi da Walter De Vecchi e Albertino Bigon, mentre Buriani metteva corsa, recuperi, sostanza e Novellino dribbling e fantasia. Un’ottima miscela, capace di prevalere sul Perugia di Castagner imbattuto per l’intera stagione. L’anno dopo la campagna europea rossonera dura poco: eliminati dal Porto al primo turno. Lo scudetto va all’Inter di Bersellini. Scoppia lo scandalo delle scommesse. Il Milan viene retrocesso d’ufficio assieme alla Lazio e Chiodi squalificato per sei mesi e ceduto proprio alla Lazio.
L’attaccante che due anni prima aveva fatto parte della nazionale Under 21 di Vicini, assieme a futuri campioni come Giovanni Galli, Bruno Giordano, Paolo Rossi, arriva a Roma con enormi aspettative. Sue e dei tifosi. Ci si aspetta l’esplosione definitiva. Invece, incredibilmente, ad appena 23 anni Chiodi ha già alle spalle il suo apice. A Roma inizia il declino che nel giro di cinque stagioni lo porterà al ritiro dal calcio professionistico. Una caduta rapidissima, incontrollabile. Nel campionato 1980-81 coi biancocelesti segna 6 reti in 28 presenze ma manca la promozione in A. All’ultimo minuto della penultima di campionato è proprio lui, miglior rigorista della squadra, a mandare sul palo il rigore che potrebbe dare la vittoria sul Vicenza. Il pareggio rende inutile l’ultima partita col Taranto: la A sfuma e quell’errore dal dischetto segna la carriera biancoceleste di Chiodi. Ritrova però la massima serie col passaggio in estate al Bologna: uno scontro di gioco nel derby dell’Appennino contro la Fiorentina lo manda in coma e ne compromette la stagione, che si chiude per lui con un solo gol in 15 partite e con la prima retrocessione della storia della società rossoblu. L’anno dopo ritorna alla Lazio, dove è sempre (per sempre) “quello del rigore sbagliato col Vicenza”. La seconda parentesi romana, come prevedibile, è avara di soddisfazioni: dieci gare e nessun gol. Per ritrovare la via della rete deve scendere in C1 a Prato, dove segna 10 gol in 30 partite, non abbastanza per evitare la retrocessione in C2. Ad appena 28 anni si ritrova in mano una carriera bruciata. I successivi passaggi al Campania, Rimini e Baracca Lugo servono solo a prendere tempo per organizzarsi una vita fuori dai rettangoli di gioco. Mentre l’ex compagno di nazionale under 21 Giordano gioca la Coppa Campioni dopo aver vinto il titolo di campione d’Italia nel Napoli di Maradona, lui chiude mestamente tra i dilettanti. ECL
Stefano Chiodi Nato il 26 dicembre 1956 a Bentivoglio Morto il 4 novembre 2009 a BolognaRuolo Attaccante Squadre (212 presenze, 50 gol) Nazionale Titoli |
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