
Il Milan supera 2-0 il Bayern Monaco e raggiunge per il terzo anno di fila le semifinali di Champions League. Normalità dunque. Ma questo successo ha un sapore diverso, perchè arriva 24 ore dopo il 7-1 rimediato dalla Roma all’Old Trafford contro il Manchester United, prossimo avversario dei rossoneri. All’Allianz Arena sono bastati cinque minuti di gioco per rendere evidente a tutti cosa differenzia il Milan dalla sbandata Roma di Manchester e, più in generale, cosa rende i rossoneri un fenomeno quasi unico nello sport italiano, abituato ad atleti abitudinari della sconfitta e ai piagnistei con autoassoluzione nel post-gara.
Dopo il due a due dell’andata la squadra di Ancelotti doveva vincere o pareggiare segnando almeno tre reti: da subito ha preso il comando del gioco, fatto girare la palla e dato una sensazione di controllo e consapevolezza dei propri mezzi e di come portare avanti la missione.
Più della presenza di Inzaghi al posto di Gilardino, o di Kakà e Seedorf che si scambiano continuamente posizione, è l’atteggiamento del muro-rossonero che annulla le differenze di forma, azzera le tattiche degli avversari e spegne i cori dei tifosi nelle tribune: uno spettacolo visto e rivisto per anni in tutti i principali stadi europei.
Anche nelle condizioni peggiori il Milan trasmette sempre una sensazione di controllo e padronanza che le squadre italiane non danno quasi mai contro avversari importanti. Al contrario già nel sottopassaggio danno l’impressione del timore, dei giocatori al bivio della vita che si aggrappano a una tattica impostata a tavolino per non farsela sotto in campo. Tattica che può saltare per qualunque episodio e si sa che da quel momento in poi sarà notte fonda. Anzi nella testa dei giocatori iniziano a spuntare alibi e scusanti. Niente a che vedere con la capacità di recuperare la gara: un gol subito al primo minuto, con altri 89 a disposizione, è considerato peggio di uno al novantesimo («E’ saltato il piano…», che non prevedeva avversari evidentemente).
Se Arrigo Sacchi è stato l’unico allenatore italiano capace di eliminare il concetto di fattore campo, imponendo il suo gioco allo stesso modo in casa e in trasferta, è perchè lo ha fatto nel Milan. L’unica squadra in Italia, a prescindere dai giocatori, ad avere nel Dna una visione planetaria: l’ambito, la dimensione sono l’Europa, il mondo non certo la sola Italia. E’ la stessa differenza che passa tra il Liverpool e il resto delle squadre inglesi.
Il Milan attuale è una squadra avanti con gli anni, logora in diversi giocatori chiave e che si ringiovanisce acquistando Ronaldo. Nonostante ciò resta capace di cogliere il più delle volte più di quel che le sue forze gli consentirebbero. L’orgoglio e l’abitudine ai grandi palcoscenici mondiali continuano a unire i Pirlo e i Gattuso ai Baresi e Van Basten ma anche ai Rivera e Prati e prima ancora ai Liedholm e Schiaffino. Lignaggio milanista. LECHAMPIONS EUROPA
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