L’Arsenal esce negli ottavi di Champions per il secondo anno di fila per mano del Bayern Monaco. Lo fa nel peggiore dei modi: cinque gol subiti all’andata, cinque gol subiti al ritorno. In entrambi i casi dopo essere passata il vantaggio e aver perso Koscielny, infortunato a Monaco, espulso a Londra.
Ma nessuno è più pronto a concedere ad Arsene Wenger attenuanti come l’assenza prolungata della mente della squadra Santi Cazorla. Troppe volte, tra febbraio e marzo, l’Arsenal ha dilapidato il credito (di speranze) accumulato nella prima metà della stagione. Sulla graticola non è finito solo Wenger ma anche Ozil, il giocatore di maggior talento: eleganza scambiata per distacco se non per disinteresse. Cambiano gli attori e il copione ma non il finale.
Contro il Bayern l’Arsenal non ha toccato il punto più basso dei vent’anni a guida Wenger, quello è stato l’8-2 subito all’Old Trafford nel 2011 contro il Manchester United di Alex Ferguson. Ma il doppio 5-1 incassato dai bavaresi vale comunque un doppio record negativo ai gunners: il 10-2 complessivo rifilato dai bavaresi è il peggior risultato complessivo di un club inglese e il secondo della storia della Champions, dietro il 12-1 dello Sporting Lisbona subito nel 2009, anche in quel caso per merito del Bayern.
Che una batosta memorabile in un ottavo di Champions League possa essere il momento peggiore dell’era Wenger, testimonia quali standard di eccellenza abbia regalato il tecnico transalpino all’Arsenal in questi anni. Ottavi o quarti nella massima competizione continentale, un posto nelle prime quattro della Premier League sono i risultati minimi assicurati ogni stagione. Piazzamenti che non bastano più nel momento in cui il gap dalle aversarie sembrava essersi ridotto. La storica vittoria in campionato del Leicester è stata vissuta dai tifosi dei gunners come l’ennesima occasione sprecata: se anche una squadra onesta ma mediocre come quella di Vardy e Mahrez è riuscita a vincere la Premier, approfittando delle annate no di United, City, Chelsea e Liverpool, è la prova che l’Arsenal il titolo non lo vince a prescindere dalla forza delle rivali. Anche la fragilità dei giocatori viene imputata al tecnico, incapce di motivare i suoi come invece riesce benissimo a Conte o Mourinho. L’approccio del francese, che cosidera i giocatori adulti maturi e responsabili anziché bambini capricciosi e viziatelli, è considerato sbagliato e perdente. Del resto anche Claudio Ranieri al Leicester ha avuto successo sino a quando ha gestito la squadra da nonno-chioccia, appena ha cercato di allenarla sono arrivati i problemi, le sconfitte e l’ammutinamento. Più bastone che carota in certi casi non è eresia.
All’Emirates c’è voglia di successi e in molti sono disposti a sacrificare stile e principi pur di averli. Non Wenger. Peccato finisca così, ma è difficile che il tecnico alsaziano resti sulla panchina dei gunners la prossima stagione. Superare il Lincoln nei quarti di FA Cup e magari vincere il torneo non basterà. Anzi potrebbe essere vista dai tifosi come l’ennesima vittoria-boomerang: utile a salvare Arsene e affossare le future speranze di vittoria dell’Arsenal. LECHAMPIONS EUROPA