
Logorato da mesi di colpi bassi, sempre più spregidicati, di una parte della dirigenza, il figliol prodigo getta la spugna. A testa alta. “Sono stato attaccato ingiustamente, in particolare attraverso i miei figli”. Questa la vera, insopportabile, ragione del divorzio tra Zico e il Flamengo. Il perché è svelato dallo stesso ex giocatore dell’Udinese nel lungo comunicato con cui ha spiegato le dimissioni da direttore esecutivo del club rossonero, dove era tornato pochi mesi fa dopo anni trascorsi ad allenare in Asia e in Europa. Un ritorno accolto con grande gioia dai tifosi, che non a caso alla notizia delle dimissioni sono subito scesi in piazza per contestare la società, colpevole di aver fatto la guerra a quello che è stato il giocatore più amato e importante della storia del club.
Il ‘Galinho’ e il Flamengo saranno sempre una cosa sola ma per ora le loro strade si separano: “Purtroppo qui non posso fare quello che vorrei e ho capito che la mia presenza ha provocato il malcontento di parecchie persone. Non ci sono le condizioni per andare avanti”. Le frizioni coi dirigenti che lo avevano voluto sono sorte quasi subito, quando si è capito che l’ex numero 10 non era tornato per fare il soprammobile. Zico ha preso l’incarico davvero a cuore e, forte delle esperienze in Asia e in Europa, ha cercato di introdurre elementi organizzativi nuovi nel caos tipico dei club brasiliani, da sempre gestiti con criteri politici più che sportivi. Voler adeguare i campi di allenamento, migliorare la struttura organizzativa, rifondare il settore giovanile era davvero troppo per uno preso per presenziare alle partite e ammuffire dietro una scrivania. Una sorta di poster animato. Calcoli sbagliati: Zico non è un posacenere. Troppo importante e carismatico per poter essere ridotto a una figura di secondo piano: su di lui poggiavano le speranze dei tifosi di rivivere i fasti degli anni 70 e 80. E Artur Antunes Coimbra è persona troppo seria e innamorata del Flamengo per deludere i suoi tifosi. L’impegno e la determinazione nel voler riorganizzare la società si è scontrata con l’ostracismo del presidente del collegio sindacale Leonardo Ribeiro e altri. Tutti pronti a scatenargli la guerra, non esitando a far filtrare voci su comportamenti poco limpidi di Zico, che avrebbe cercato di coinvolgere e favorire i propri figli nelle compravendite di giocatori. “La verità è che ho dedicato quasi tutta la mia carriera da giocatore al Flamengo, la squadra che mi ha aiutato a essere quel che sono oggi. Avrei voluto pian piano portarlo ad essere nuovamente grande e non me lo hanno permesso”. Lascia una squadra al 15° posto in classifica, appena tre punti sopra la zona retrocessione. ECL
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