Gerardo Martino

Prima la polemica scatenata da Pep Guardiola, poi la sorprendente risposta di Tito Vilanova, le sue dimissioni e la ricerca di un nuovo allenatore. Gli ultimi dieci giorni sono stati un concentrato di negatività per il Barcellona, impegnato a destreggiarsi tra situazioni imbarazzanti e autentici drammi umani. Dalle polemiche innescate dallo sfogo di Guardiola (“Hanno sfruttato la malattia di Tito per farmi del male”), alla replica di Vilanova (“Non credo sia vero e lui non mi è stato vicino quando ne avevo bisogno”), sino alle improvvise dimissioni del successore del Pep per il ripresentarsi del tumore diagnosticato e operato per la prima volta un anno e mezzo fa. Giorni neri.

Gerardo MartinoIl presidente Sandro Rosell avrebbe voluto sostituire Vilanova con Luis Enrique (l’ex romanista dopo un anno sabbatico aveva già firmato col Celta) ma alla fine la scelta è caduta su Gerardo “Tata” Martino, ex tecnico del Newell’s Old Boys, fresco vincitore del campionato argentino e semifinalista in Libertadores (eliminato ai rigori dall’Atletico Mineiro). Il 51enne nuovo allenatore del Barcellona non ha mai allenato in Europa e questo spinge alcuni a ricordare il precedente non incoraggiante di Cesar Luis Menotti, arrivato al Camp Nou nel marzo 1983 per sostituire Udo Lattek. Con Diego Maradona e Bernd Schuster a disposizione, l’ex ct argentino campione del mondo 1978 riuscì a vincere in Catalogna solo una Coppa del Re e una Supercoppa spagnola, prima di essere costretto a lasciare spazio a fine stagione a Terry Venables.

Menotti non aveva mai giocato né allenato in Europa e questo si rivelò un handicap decisivo. Per Martino l’esperienza europea è minima e non proprio benaugurante: nel 1991 giocò 15 partite nella Liga spagnola con la maglia del Tenerife per poi ritornare, senza aver lasciato traccia, al suo Newell’s. Da allenatore il suo curriculum finora è stato scritto tra Argentina e Paraguay, dove ha saputo cogliere successi sia a livello di club che come ct della nazionale. Più che per i risultati, i vertici del Barcellona lo hanno scelto soprattutto per una filosofia di gioco, un’estetica, considerata molto vicina a quella della tradizione blaugrana: continuità nella discontinuità. Le squadre di Martino si caratterizzano per la grande duttilità, che consente di passare nel corso della stessa gara dal 4-3-3 al 4-1-4-1 al 4-5-1: linee strette e movimenti diversi da parte di esterni e interni modificano in continuazione l’assetto tattico in campo. Una fluidità che il Barcellona ha, in parte, sperimentato con Guardiola e Vilanova, alternando in varie occasioni il 4-3-3 al 3-3-4. Al Camp Nou troverà una squadra già abituata a pressare e il pressing è la chiave, nel bene e nel male, del gioco del nuovo tecnico blaugrana che pretende un pressing alto e questo fa sì che spesso le sue squadre finiscano le gare senza fiato, rintanate nella propria trequarti: una necessità più che una scelta (rivedersi il Paraguay all’ultimo Mondiale). Un giocatore come Alex Song, marginale lo scorso anno, potrebbe avere un ruolo chiave nel centrocampo del nuovo Barca.

“Tata” è considerato molto simile a Marcelo Bielsa. I punti di contatto tra i due, che si somigliano anche fisicamente, sono parecchi: entrambi apprezzano il bel gioco, e non lo considerano un lusso ma un mezzo per raggiungere i risultati. Una filosofia che Martino ha ereditato: da giocatore era la “mente” del Newell’s allenato da Bielsa negli anni Novanta, dove svolgeva il compito di regista-allenatore-in-campo, così come Guardiola faceva per Cruyff o Xavi per lo stesso Guardiola. Ruolo ricoperto alla perfezione come riconosceva proprio Bielsa: “Un giocatore ecccezionale. Di categoria superiore. Capace di vedere il gioco meglio degli altri e con una leadership naturale. Sereno e calmo nei momenti più difficili e delicati”.

Essere stato uno dei giocatori preferiti di Marcelo Bielsa (e Leo Messi…) non è certo l’argomento che ha spinto il Barca a scommettere su Martino. Forse più decisive sono state le dichiarazioni di amore per il calcio blaugrana spese da “Tata” in tempi non sospetti e ribadite dopo la dura lezione subìta dal Bayern Monaco nelle semifinali di Champions League: “Come si può criticare una squadra come il Barcellona? Ha offerto il calcio di gran lunga più bello degli ultimi anni e io continuo a identificarmi in quella squadra”. Quella squadra, con un Neymar in più, adesso è sua. ECL EUROPA

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