La finale sarà Fulham-Atletico Madrid. Una combinazione che suo malgrado conferma l’Europa League per quel che è: la serie B continentale.

Per la prima edizione del torneo ben altro impatto avrebbe avuto uno scontro tra i cinque volte campioni d’Europa del Liverpool e l’Amburgo, padrone di casa della Nordbank Arena che il 12 maggio ospiterà la finale. Già scritto il copione della finale che avrebbe dovuto vedere di fronte le squadre di due città che hanno condiviso i Beatles e Kevin Keegan. Ma Fulham e Atletico Madrid con due sorprendenti rimonte hanno fatto saltare la finale annunciata.
Fulham in finale: Gera firma il 2-1A Craven Cottage il Fulham giocava la partita numero 59 della sua stagione. In Europa League il cammino della formazione di Roy Hodgson è cominciato a fine luglio con la doppia vittoria sui lituani del FK Vetra. Poi la fase a gironi, superata assieme alla Roma, e la successione di scalpi eccellenti in quella a eliminazione diretta: nei sedicesimi lo Shakhtar, vincitore della coppa Uefa 2009; negli ottavi la Juventus, dopo aver perso all’andata 3-1; nei quarti la mannaia è caduta sui campioni di Germania del Wolfsburg.
L’Amburgo, ancora sotto shock per il 5-1 rimediato in campionato contro l’Hoffenheim (che è costato la panchina a Bruno Labbadia), ha trovato al 22′ il gol del vantaggio con un missile di Petric. Bellissimo calcio piazzato da circa 25 metri. Dopo lo zero a zero dell’andata, anche un eventuale 1-1 avrebbe garantito il passaggio del turno ai tedeschi. Il gol di Petric regala all’Amburgo i primi minuti di tranuillità delle ultime settimane. La squadra di casa impiega qualche minuto per rialzare la testa. Il secondo tempo però è a senso unico, complice l’atteggiamento troppo guardingo dell’Amburgo che si chiude dietro, consentendo così agli inglesi di sganciare in avanti anche i terzini, con la tranquillità di non dover temere nemmeno un contropiede. Un atteggiamento folle che a fine gara verrà criticato anche dall’allenatore ad interim Ricardo Moniz: “Abbiamo gettato al vento la qualificazione, facendo tutto quel che non dovevamo fare. Dicevo alla squadra di giocare sulle fasce e provare a salire. Non c’è stato verso. Non ne siamo stati capaci e alla fine abbiamo meritatamente raccolto sconfitta e eliminazione”. Il muro tedesco cade solo al 69′, dieci minuti dopo l’uscita dal campo per infortunio del bomber di casa Bobby Zamora. Ma l’avvicinarsi dell’eliminazione mette le ali ai piedi dei giocatori di Hodgson: passaggio intelligente di Danny Murphy per Simon Davies che con un doppio tocco si liberava della guardia di Demel per poi mettere in rete. L’1-1 qualifica ancora l’Amburgo ma l’inerzia della gara è cambiata e dopo sette minuti l’ungherese Gera da distanza ravvicinata trova il 2-1 qualificazione. La finale europea è un traguardo storico e inedito per il club londinese, che viene salutato con orgoglio dal suo tecnico Roy Hodgson: “E’ stata una grande prestazione. Un’altra grande prestazione. Potevamo perdere la testa dopo il loro gol o essere meno determinati, perché i successi tendono ad appagare le squadre che non sono abituate a vincere. Ma questi ragazzi hanno dimostrato di non essere sazi e a venti minuti dalla fine della 59a partita della stagione hanno giocato con una forza e una determinazione impressionanti”. Fondato nel 1879 il Fulham non ha mai vinto un trofeo: la finale di Coppa d’Inghilterra del 1975, raggiunta dalla Seconda divisione e persa contro il West Ham, è il miglior risultato nella storia secolare di questo club. Si capisce come la finale di Amburgo sia è un traguardo epocale che da questa parte del Tamigi regala l’immortalità calcistica a Hodgson, Murphy, Duff e compagni.
Forlan: 'Ad Anfield il gol più importante della mia carriera'
In finale i londinesi troveranno l’Atletico Madrid che con un gol di Diego Forlan nei supplementari ha trovato il gol che ha decretato l’eliminazione del Liverpool. Ad Anfield in questa stagione non avevano mai visto giocare i reds così bene come nei primi 45 minuti. Per rimontare l’1-0 subito a Madrid Benitez manda in campo un Liverpool inedito in difesa e finalmente logico a centrocampo. Accantonato il 4-2-3-1 col doppio mediano incontrista utilizzato per l’intera stagione, il tecnico in predicato di passare alla Juventus ha schierato i suoi con un 4-5-1 che vedeva Mascherano terzino destro e Glen Johnson spostato sulla fascia opposta; a centrocampo un quintetto: Benayoun a destra, Babel a sinistra, al centro Lucas, Gerrard e Aquilani ad alternarsi in un triangolo con due vertici bassi e uno alto. Punta centrale Dirk Kuyt, l’unico in grado di pressare sull’intera difesa ospite. Scelte ispirate e azzeccate. I reds prendono subito il comando del gioco e la presenza di due giocatori – Gerrard e Aquilani – con idee e tecnica nel cuore della manovra dà alla squadra di casa le giocate e i movimenti che sono mancati per tutta l’annata: l’azione che al 25′ mette Kuyt in condizione di appoggiare in rete a mezzo metro dalla linea di porta (ma l’olandese manda sopra la traversa) è una splendida esibizione di squadra di tecnica, geometria ad altissima velocità: quaranta metri di campo attraversati in quattro secondi con una decina di triangolazioni di prima intenzione. Un peccato non sublimare un’azione simile con un gol. La rete arriva invece al 42′ con Aquilani che dal limite dell’area arpiona una palla veloce, per girarla di prima intenzione di interno destro alla sinistra di De Gea. Curva perfetta e palla nell’angolo basso. Gol bellissimo e giusto premio all’ex giallorosso, decisivo nel dare senso e inventiva al centrocampo di casa. In campo c’è una sola squadra e il risultato inizia a riflettere l’evidenza. Nella ripresa il ritmo del Liverpool cala, complice la condizione fisica deficiataria di alcuni giocatori chiave: Aquilani, Mascherano, Johnson e Gerrard su tutti. L’Atletico prova a far qualcosa che giustifichi la trasferta inglese ma nulla più: evanescente Aguero, inesistente Forlan, Simao e Reyes abbozzano qualche dribbling senza pungere. Si arriva ai supplementari e l’impressione è che il Liverpool abbia finito la benzina, mentre all’Altetico mancano semplicemente coraggio e mentalità vincente. Il 2-0 di Benayoun dopo appena cinque minuti è il gol che manda il Liverpool in finale. Si tratta solo di reggere altri 25 minuti: troppi per una squadra sfinita. Il calo della squadra di casa è così evidente che pure una squadra timida e impacciata come l’Atletico prende il controllo del campo e nel giro di sessanta secondi fa quel che non è riuscita a fare nei 100 minuti precedenti. Al 101′ neoentrato Jurado sfiora il palo alla sinistra di Reina con un bellissimo tiro dai venti metri che avrebbe meritato la rete. Il gol arriva invece al 102′ grazie all’unico guizzo di Diego Forlan che sfrutta un errore sulla fascia di Glen Johnson che si fa anticipare da Reyes: l’ex Arsenal serve a centroarea il bomber uruguayano che mette dentro. Mancano poco meno di 20 minuti ma nemmeno la Kop ci crede più: i cori più che di incoraggiamento sanno tanto di ringraziamento per l’impegno e, per una volta, il bel gioco mostrato nella prima frazione. Finisce così col Liverpool che schiera contemporaneamente El Zhar, Degen, Pacheco: tre sostituti, tre mediocrità, cui Benitez prova ad aggrapparsi nella speranza di trovare il terzo gol. Ma la qualità si paga e gli errori (di mercato) pure: El Zhar e Degen si distinguono per tre palle perse e due cross in tribuna. Matematico: Liverpool fuori, Atletico in finale. Un successo personale per Quique Sanchez Flores, che in autunno era subentrato ad Abel Resino, alla guida di una squadra allo sbando: “Abbiamo superato tante difficoltà quest’anno. Sapevamo di dover soffrire ad Anfield. Ma ce l’abbiamo fatta, dimostrando carattere e ora vogliamo vincere una finale che sarà altrettanto dura”. Il post-partita regala un Rafa Benitez sorprendente. Acquistato in giornata dal Charlton il promettente 18enne Jonjo Shelvey, il tecnico spagnolo rivela i suoi programmi per la prossima stagione: “Non so al momento quali saranno le nostre disponibilità economiche quest’estate ma servono cinque giocatori per migliorare la squadra”. A Torino in molti concorderanno con l’analisi. Ma non parlava della Juventus. ECL