A 85 anni è morto Nils Liedholm. Vicecampione del mondo da calciatore, campione d’Italia con Milan e Roma da allenatore. Modello non imitato di eleganza e signorilità.

«Questa maglia numero 5 la do a lei perché è stato lei a darla a me facendomi diventare quello che sono». Quando Paulo Roberto Falcao fu costretto ad abbandonare l’Italia, dopo un lungo infortunio e un braccio di ferro con la Roma di Dino Viola, si ricordò di chi lo aveva voluto e fatto diventare l’ottavo re di Roma. Falcao e Liedholm erano i simboli di quella squadra, modello di tecnica, intelligenza e correttezza, capace di conquistare nel 1982-83 il secondo scudetto, 41 anni dopo il successo della Roma di Testaccio.
La Roma dello svedese era una squadra unica che schierava Falcao, Di Bartolomei, Prohaska e Ancelotti. Quattro registi contemporaneamente in campo, quando oggi si fatica a trovare posto a due talvolta pure a uno. Di Bartolomei arretrato in difesa a fare il libero e impostare il gioco da playmaker anziché da difensore, Falcao davanti a lui con Ancelotti e Prohaska ai lati.
Tanti piedi buoni «perché il calcio è un gioco semplice: finché la palla ce l’hai tu non ce l’ha l’avversario; se la sai controllare non puoi subire gol e ha più possibilità di segnarne». Questa la filosofia di fondo di Liedholm, da giocatore prima e da allenatore poi, quando faceva passare ore ai giocatori a raffinare la tecnica individuale: «La palla non suda e non si stanca, meglio far correre lei. Ma bisogna saperla stoppare e poi passare, per questo bisogna allenarsi». In Liedholm tecnica e tattica erano una al servizio dell’altra, non contrapposte come accaduto negli anni Novanta, dove ai registi si preferivano gli incontristi e le mezzepunte per trovare posto in squadra dovevano riciclarsi tornanti o seconde punte. Un altro calcio.
Naturale che un giocatore dotato di una tecnica appena discreta ma di un’intelligenza superiore e che aveva avuto la fortuna di giocare con gente come Gren, Nordahl, Schiaffino, Sani e Rivera, “pretendesse” i fondamentali dai suoi. Più che un allenatore Liedholm era un maestro.
La prova più tangibile della sua grandezza da allenatore non è, come sostengono tanti, lo scudetto della stella rossonera “vinto con Chiodi centravanti” nella stagione 1978-79; o  la Roma finalista di coppa Campioni nell’84, sconfitta all’Olimpico in finale ai rigori dal Liverpool, dopo una serie di partite splendide sui campi di tutta Europa. E’ Mauro Tassotti, l’attuale vice di Ancelotti al Milan, la vera prova calcistica della bravura di Liedholm.
Tassotti era arrivato a Milano nel 1980 a vent’anni, dopo due stagioni alla Lazio dove si era messo in luce come marcatore duro e asfissiante nella migliore tradizione dei Burnich e Gentile. Reputazione cui tiene fede nelle prime stagioni in rossonero. Quando nel 1984 Liedholm lascia la Roma vicecampione d’Europa per tornare al Milan, lo svedese cambia pelle a Tassotti costringendolo a ripassare i fondamentali. L’applicazione del difensore romano nell’assecondare le richieste e far propri i consigli di Liedholm è ferrea e i risultati si vedono: Tassotti, anche se ci vorrà qualche anno prima che la cosa venga notata ovunque, diventa il miglior terzino destro in Europa. Nessuno salta l’uomo, crossa e difende come lui. Testa alta, mai in affanno, dribbling dispensati con saggezza e facilità in un ruolo, quello del terzino destro, dove in Italia si era soliti confinare scarponi e fabbri ferrai. Quest’esplosione di abilità tecnica è così abbagliante che per trovare interpretazioni del ruolo simili bisogna tornare indietro al Brasile di Djalma Santos (che Liedholm aveva affrontato nella finale dei Mondiali del 1958 in Svezia) e proprio questo diventa il soprannome del terzino rossonero, ormai vero fuoriclasse della difesa.
Quando al Milan nella stagione 1987-88 arriva Arrigo Sacchi trova il prodotto finito, anzi “rifinito”. La difesa in linea Tassotti-Baresi-Filippo Galli-Maldini è già lì, base su cui verrà costruita, con gli arrivi di Gullit, Van Basten e poi Rijkaard, una squadra da sogno capace di rinverdire i successi del trio svedese Gre-no-li. E’ la chiusura di un cerchio aperto nel 1949 con l’arrivo in rossonero del 27enne Liedholm, proseguito con Rivera, Baresi e Maldini. Una staffetta durata cinquantotto anni, completata da tre bandiere rossonere che col Barone hanno giocato assieme (Rivera), hanno esordito e si sono affermati (Baresi e Maldini). Da anni era uscito da un mondo dove non c’era più posto per gente come lui o Boskov costretti a lasciare spazio a tecnici non necessariamente più preparati ma decisamente più supponenti, permalosi e capaci di lamentarsi, bisticciando con l’italiano, di avversari, arbitri e propri giocatori.
Un modello di eleganza e signorilità quello di Liedholm che, purtroppo, non ha avuto seguito. Un problema di cultura prima ancora che di anagrafe. Una volta a Trigoria, a Falcao che non si era allenato tutta la settimana chiese «Come stai?», «Bene», «Allora puoi fare le scale per andare in tribuna». LECHAMPIONS


Nils Liedholm
Nato a Valdemarsvik (Svezia) l’8 ottobre 1922
Morto a Cuccaro Monferrato (Italia) il 5 novembre 2007

Da calciatore

Ruolo
Regista-Libero
Squadre
IK Sleipner (60 presenze, 24 gol)
IFK Norrköping (48 presenze, 22 gol)
Milan (359 presenze, 81 gol)

Nazionale (Svezia)
21 presenze, 10 gol

Da allenatore
Milan (1961-66; 1977-79; 1984-97)
Verona (1966-68; 1992)
Monza (1968-69)
Varese (1969-71)
Fiorentina (1971-73)
Roma (1973-77; 1979-84; 1997)

Titoli vinti
Campione olimpico 1948 (nazionale svedese)
Vice-campione del mondo 1958 (nazionale svedese)
Campionato svedese: 1946-47, 1947-48 (IFK Norrköping)
Campionato italiano: 1950-1951, 1954-1955, 1956-1957, 1958-1959 (Milan /giocatore); 1978-79 (Milan/allenatore)
1982-83 (Roma/allenatore)
Coppa Italia: 1979-1980, 1980-1981, 1983-1984 (Roma/allenatore)
Coppa Latina: 1951, 1956 (Milan/calciatore)

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