Di regola su Lechampions.it non ci occupiamo di tornei nazionali, solo di competizioni internazionali per club. Ma il 5-0 con cui il Barcellona ha annichilito il Real Madrid è stato un capolavoro, che va al di là dei confini di un’anonima tredicesima giornata del campionato spagnolo. Più Gaudì che Liga.
Sì, è vero che con la sconfitta il Real ha perso l’imbattibilità esterna (che durava da oltre dieci mesi) e la testa della classifica (a vantaggio dei blaugrana, passati da meno uno a più due); ma la cinquina rifilata dai catalani ai nemici di sempre è una di quelle partite che fanno storia. Un’esibizione di classe, forza, tecnica al massimo livello: la partita perfetta, dove fa click pure l’avversario. Perché la forza e la grandezza dei rivale sono condizioni necessarie per rendere un successo memorabile. E nell’ammirare il Barcellona mentre annichiliva il Real Madrid, c’era la consapevolezza del privilegio di assistere a una partita da antologia.
Il pre-gara, l’eccellente ruolino di marcia e l’ottimo stato di forma degli sfidanti, la difficoltà di individuare punti deboli e la grande qualità dei protagonisti, erano tipiche del grande evento. Attese e aspettative paragonabili a quelle che precedevano le sfide che hanno segnato la storia della boxe: Alì contro Foreman o Frazier, Leonard contro Duran, Hagler o Hearns. Miti a confronto. Campioni capaci di tirare fuori il meglio da sé e dall’avversario. Anche l’insolita collocazione del lunedì sera, dovuta alle elezioni politiche catalane che si sono tentute nel weekend, ha contribuito ad aumentare l’attesa, ad accrescere l’importanza dell’evento. La mancata sovrapposizione con le gare degli altri campionati, ha regalato al posticipo della 13a giornata della Liga una cornice degna di una finale di Champions League o di un mondiale di calcio. Più che adeguata per un incontro che vedeva in campo 13 campioni del mondo spagnoli, più stelle come Leo Messi, Cristiano Ronaldo, Karim Benzema.
E finalmente la partita: cinque gol, 90 minuti di calcio stellare. E se il Real si è rivelato poca cosa è solo perché il Barcellona ha avuto la capacità, il talento, la forza di ridimensionarlo. Non era facile. Per riuscirci c’è voluta un’esibizione collettiva superlativa. Ispirata e motivata anche dalla consapevolezza della forza dell’avversario: senza Real, senza Mourinho probabilmente non si sarebbe visto un Barcellona così abbagliante, nonostante questa sia una squadra che ha il bel gioco scritto nel dna.
Anche l’assenza di Leo Messi nel tabellino marcatori – una rarità – è sembrata opportuna, perché ha evitato di oscurare l’eccellente prova di un’intera squadra. L’argentino non ha segnato ma è stato ugualmente determinante, non solo con i suoi due assist, ma con quel colpo da fermo, nei minuti iniziali, che ha mandato il pallone a sbattere sul palo più lontano, scavalcando Casillas e tutti i giocatori al centro dell’area madridista. Un tocco da golfista più che da calciatore: una curva dolce e precisa, pennellata, interrotta dal palo. Quella giocata ha tranquillizzato il Barcellona: giocatori, allenatori e tifosi. Tutti rassicurati: il gol era lì, a portata di tocco. Come sempre. E così è stato: Xavi, Pedro, due volte David Villa e alla fine Jeffren. Cinque a zero. Tra i marcatori non c’è Messi ma neppure Andres Iniesta, decisivo come Busquets e Xavi nel dominare la sfida di centrocampo, nel servire i compagni, nel chiamare il pressing ogni volta che serviva, nel tenere la squadra corta davanti a quella linea di difesa perfetta formata da Dani Alves, Puyol, Pique e Abidal. L’inoperosità di Victor Valdes ricordava quella di Giovanni Galli ai tempi del Milan di Sacchi. Il 5-0 dà una dimensione numerica che paradossalmente sminuisce la grandezza dell’esibizione blaugrana: una qualità di esecuzione, di interpretazione che va addirittura oltre i gol. Circolazione di palla, cambi di ritmo, pressing, fuorigioco: tutto eseguito al meglio. Una lezione impartita al Real e a tutti gli allenatori e calciatori del pianeta: dura considerarli “colleghi”, parte dello stesso sport. Questo Barcellona è un’altra cosa. Per una sera ha portato il calcio su un altro piano: la perfezione.
Le squadre che hanno segnato un’epoca, che hanno fatto scuola, possono tutte vantare almeno una partita perfetta, che non necessariamente coincide con la conquista di un trofeo. Il Real Madrid di Di Stefano e Puskas raggiunse lo zenit il 18 maggio 1960 a Glasgow in finale di Coppa Campioni, superando 7-3 l’Eintracht Francoforte, che in semifinale aveva giocato a tennis con i Glasgow Rangers, vincendo 6-1 e 6-3; l’Ajax di Johan Cruyff il 7 marzo 1973 ad Amsterdam, superando 4-0 il Bayern Monaco di Franz Beckenbauer, Gerd Muller, Sepp Maier in un quarto di finale di Coppa Campioni; il Liverpool di Bob Paisley il 2 settembre 1978 ad Anfield, in campionato, asfaltando 7-0 il Tottenham di Glenn Hoddle e dei neocampioni del mondo argentini Ricky Villa e Osvaldo Ardiles; il Milan di Sacchi il 28 aprile 1988 a San Siro: 2-0 all’Inter in campionato, dopo aver costretto i nerazzurri per almeno 85 minuti nella propria metacampo. Capolavori. Come il 5-0 di ieri, che vale al Barca di Guardiola un posto nell’olimpo dei migliori di sempre.
A fine gara il tecnico del Real Madrid Jose Mourinho non ha accettato di ridimensionare la sua squadra: “Due gol glieli abbiamo regalati noi. Il Barcellona è un prodotto finito, noi ancora no. E comunque rigiocherei la sfida domani”. Nonostante la spavalderia, il più ridimensionato è proprio il tecnico portoghese. L’1-0 con cui il Barcellona aveva superato l’Inter nella semifinale di ritorno della scorsa Champions League, dopo aver perso 3-1 la sfida di andata, aveva rappresentato la vera incoronazione del tecnico portoghese, capace di irretire e bloccare il Barca del Grande slam. La vittoria della volontà: maturata nonostante i nerazzurri fossero in inferiorità numerica dal 28′ per l’espulsione di Thiago Motta.
Quel gran catenaccio era stato celebrato come il successo di Jose Mourinho, ed in parte era vero: senza convizione non vai da nessuna parte; e sotto la guida di chiunque altro l’Inter si sarebbe probabilmente liquefatta. E ieri, contro un Barcellona pressoché immutato (Villa al posto di Ibrahimovic), Mourinho ha deciso di replicare disposizione in campo e piano tattico iniziale del 28 aprile scorso: 4-2-3-1, linea di difesa molto bassa per avere più spazio per il contropiede. E qui sono emerse le diverse qualità dei giocatori a disposizione. Nel Real non c’è un Esteban Cambiasso: capace di proteggere la difesa ma anche di andare a fare il centrale difensivo aggiunto, senza mai (mai!) sbagliare un fuorigioco. Non c’è un Javier Zanetti, in grado di raddoppiare le marcature o di far rifiatare i compagni, portando palla in solitario in avanti. Non ci sono nel cuore della difesa due mostri di concentrazione come Samuel e Lucio: Ricardo Carvalho e Pepe sono stati tra i migliori del Real, ma non reggono il paragone con la coppia centrale campione d’Europa. Ma soprattutto sia Cristiano Ronaldo che Angel Di Maria non sono Samuel Eto’o: incapaci di cambiare registro in attacco, inutili in difesa; il centravanti camerunense, da terzino aggiunto, non aveva mancato una chiusura. Se Mourinho ha fatto le fortune dell’Inter, e le ha fatte, è stato grazie a un organico di campioni. Il Barcellona ieri sera ha reso giustizia pure a loro. LECHAMPIONS EUROPA
Liga 2010-11 – 13a giornata / Barcellona, Camp Nou
BARCELLONA-REAL MADRID 5-0 (2-0)
Barcellona: Victor Valdes; Alves, Puyol, Piqué, Abidal; Xavi (87′ Keita), Busquets, Iniesta; Messi, David Villa (76′ Bojan), Pedro (87′ Jeffren). Allenatore: Pep Guardiola
Real Madrid: Casillas; Sergio Ramos, Pepe, Carvalho, Marcelo (60′ Arbeloa); Khedira, Xabi Alonso; Di Maria, Ozil (46′ Lassana Diarra), Cristiano Ronaldo; Benzema. Allenatore: Jose Mourinho
Arbitro: Iturralde Gonzalez
Reti: 10′ Xavi, 18′ Pedro, 55′, 58′ David Villa, 91′ Jeffren
Ammoniti: Puyol, Dani Alves, Villa, Messi; Ronaldo, Pepe, Xabi Alonso, Marcelo, Casillas, Carvalho, Khedira
Espulso: Sergio Ramos
©LECHAMPIONS.it. Tutti i diritti riservati/All rights reserved.