
Era scritto: Fabio Capello il calciatore che nel 1973 aveva firmato il primo successo italiano in Inghilterra, è il nuovo ct della nazionale inglese.
Peccato. L’Italia perde un telecronista promettente. Fabio Capello è il nuovo ct dell’Inghilterra. La panchina più prestigiosa e ben remunerata del pianeta è stata assegnata all’ex allenatore di Milan, Roma, Juventus e Real Madrid. Basta l’elenco delle squadre allenate, prima ancora delle vittorie conseguite, per capire perché alla Football association per settimane hanno continuato a dire «il suo è un curriculum di tutto rispetto, anzi unico: il
migliore di tutti». Vero. A differenza di altri grandi, Capello ha allenato solo grandissime squadre, nessuna gavetta. Poteva bruciarsi, non l’ha fatto. Anzi. Per questo «lui è l’uomo giusto per resistere alle pressioni che incombono su chi è chiamato a rilanciare una nazionale in crisi da troppo tempo».
Situazioni con ha convissuto durante tutta la carriera da allenantore. Al Milan, a parte la sostituzione di Nils Liedholm nelle ultime sei partite del campionato 1986/87 (dove aveva portato la squadra in Uefa), era stato richiamato per prendere il posto di Arrigo Sacchi nel campionato 1991-92 e rilanciare una squadra in crisi. Presentato come uno ‘yes man’ di Berlusconi, Capello si dimostra da subito un grande uomo di campo. La squadra che Sacchi aveva spremuto e che tutti davano per logora e finita viene rivitalizzata da Capello. Un paio di cambiamenti tattici e carriera allungata a tutti. Meno fatica: niente più pressing nella metà campo avversaria. Più libertà: nessuno schema negli ultimi sedici metri. Meno rischi: i quattro di centrocampo non più schierati a rombo bensì in linea, e uno dei due centrali con vocazione e compiti prettamente di copertura. Pochi ritocchi e i Donadoni, gli Ancelotti, per non parlare dei Van Basten e Gullit, che sembravano alla frutta, riprendono a vincere. Tre scudetti di fila, una serie di 58 gare consecutive in campionato senza sconfitte, e una Champions League. Alla fine i trionfi in campionato saranno quattro , poi il passaggio al Real Madrid dove vince subito. Rientra al Milan, nuovamente al posto del rientrante Sacchi, ma stavolta la cura non funziona: decimo posto finale. Nel 1999 prende la guida della Roma, subentra a Zeman e alla seconda stagione, nel 2000-01, conquista lo scudetto. Dopo quattro stagioni in giallorosso, e aver gestito la campagna acquisti della quinta e anche la scelta del ritiro estivo, firma con la Juventus dove vince i due scudetti della vergogna (entrambi revocati dopo lo scandalo che porterà i bianconeri in B con penalizzazione e alla squalifica di Moggi e Giraudo).
L’epilogo dell’avventura torinese non è migliore di quello giallorosso: non accetta di guidare la Juventus in B e firma per il Real Madrid. Anche stavolta i tifosi non tardano ad etichettarlo come “mercenario” o, nel migliore dei casi, di “calcolatore senza scrupoli”. Non fa nulla per smentirli: ritorna al Real Madrid con Baldini direttore sportivo, l’amico (tradito?) dei giorni alla Roma. Capello conquista nuovamente la Liga, concludendo il torneo a pari punti con il Barcellona ma con una migliore differenza reti. Un successo per certi versi incredibile: tra dicembre e febbraio l’esonero di Capello sembra certo. Una campagna acquisti faraonica, sconfessata di fatto brutalmente dallo stesso tecnico friulano, che manda in panchina o in tribuna i giocatori per cui aveva fatto svenare Calderon. Da Emerson a Diarra, per non parlare dei talenti Robinho e Cassano ridimensionati e trattati come modelli di inconsistenza e scarsa professionalità. Anche la gestione di Beckham, fuori rosa dopo la firma coi Galaxy («Non ci serve gente con la testa altrove») e poi richiamato con tante scuse («David è un professionista serio, si è sempre allenato con dedizione e impegno»), è indice di insicurezza, poca autonomia e scarso controllo della situazione. Tutta roba che con Capello non si era mai vista. Poi, nonostante un calcio che al Bernabeu strappa più fischi che applausi,arriva il titolo. Non basta a far cambiare idea a tifosi e dirigenza: il Real deve vincere giocando bene. Benservito a Capello e benvenuto a Schuster. Per il tecnico friulano ci sono i microfoni della Rai, dove condivide con i telespettatori parte della sua bravura: legge e spiega le situazioni tattiche e spesso svela particolari che sfuggono ai più. Anche se, come tutti i colleghi, spesso si frena per nascondersi dietro una diplomatica nulladicenza. dote che gli servirà parecchio per tenere a bada i tabloid inglesi, cui non fornirà tonnellate di gossip alla Eriksson e nemmeno la mediocrità tecnica di McClaren. Meglio lui di Mourinho? Difficile dirlo: il portoghese ha detto no, quando la Football association ha storto il naso davanti al suo progetto di rifondazione. Probabilmente il ct giusto poteva essere Arsene Wenger, scopritore di talenti e ormai grande conoscitore del calcio inglese, che si è tirato fuori subito: «Io rimango all’Arsenal». Di sicuro con Capello l’Inghilterra ha preso il meglio di quel che restava. LECHAMPIONS EUROPA
©LECHAMPIONS.it. Tutti i diritti riservati/All rights reserved.