Gooooool. Lo aveva inventato lui: Angel Fernández Rugama. Basterebbe questo a garantire l’immortalità calcistica al telecronista messicano, morto a 80 anni dopo una serie di complicazioni renali. Lascia la moglie e otto figli.
Nato il 2 agosto 1925 a Città del Messico, con lui la cronaca sportiva diventava poesia, grazie alla capacità di evocare immagini e accostamenti geniali, con quella voce così caratteristica, dopo tanti anni riconosciuta da chiunque.
Fernandez per il Messico e più in generale per l’America centrale è stato un mito: la prima voce dello sport in tv. Un modello, inventore di uno stile imitato, spesso con risultati imbarazzanti o improbabili, dai cronisti di tutto il mondo.
Le principali telecronache calcistiche messicane avevano la sua voce. Le partite venivano preannunciate con una frase, una dedica, che divenne presto un marchio di fabbrica: “A todos los que quieren y aman el futbol”, a tutti quelli che vogliono e amano il calcio. Non era una leggenda solo per i telespettatori, anche i calciatori aspettevano con impazienza e trepidazione di sapere quale sarebbe stato il soprannome scelto da Fernandez per ciascuno di loro. Un po’ come accadeva in Italia con gli articoli di Gianni Brera.
Le definizioni e i soprannomi di Fernandez erano un tratto distintivo vero e proprio. Come “el confesor”, il confessore, con cui aveva omaggiato il difensore argentino Miguel Cornero, uno che faceva passare il pallone o l’attaccante, il peccato o il peccatore, ma mai tutti e due assieme.
Fernandez aveva grande affetto per gli atleti di cui esaltava le gesta. Nell’esprimere la sua ammirazione per una bella giocata riusciva sempre a combinare passione e garbo, sintetizzati con una frase tipica: “Me quito el sombrero y me pongo de pie”, mi tolgo il cappello e mi metto in piedi. Adesso saranno gli altri a farlo per lui. Di cuore. LECHAMPIONS

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