Carragher abbraccia Shelvey (Liverpool)A 35 anni Jamie Carragher ha annunciato il ritiro dal calcio giocato: “A fine stagione smetto”. Rimarrà il miglior giocatore del Liverpool a non aver mai vinto il campionato inglese. Si aggiunge a Robbie Fowler e, probabilmente, precederà Steven Gerrard: i reds non hanno nessuna speranza di vincere il titolo nel 2013 e il gap con lo United anziché ridursi sembra crescere. Un incubo che – almeno da giocatore – non angustierà più Carragher, costretto a confrontarsi con la parabola discendente di un club che per quasi trent’anni aveva rappresentato la stella polare del calcio britannico.

23. In una delle fasi più turbolente e travagliate della storia di Anfield (il club ha sfiorato la bancarotta nel 2009) Carragher ha rappresentato con l’amico e capitano Steven Gerrard un punto di riferimento per tifosi, compagni, tecnici e dirigenti. Nel caos crescente sono emerse in campo e fuori le qualità di vero leader del numero 23 del Liverpool: dopo 17 stagioni quel numero meriterebbe di essere ritirato. Coscienza critica e memoria storica dei reds come pochi altri, Jamie Carragher lascia dopo un’intera carriera spesa nel club della sua città, dove era entrato nel 1990 all’età di 12 anni: le 723 partite giocate sinora gli garantiscono il secondo posto alle spalle dell’inarrivabile Ian Callaghan (856 tra il 1960 e il 1978) nella classifica dei reds più presenti di sempre.

GIOCARE D’ANTICIPO. L’annuncio di Carra sorprende, perché arriva proprio nei giorni in cui il difensore aveva ritrovato il suo posto da titolare. Ma la scelta di far chiarezza sul proprio futuro con largo anticipo tranquillizza l’ambiente e garantisce al giocatore un lungo addio che gli procurerà applausi anche dai tifosi avversari. Tra questi ci saranno pure quelli dell’Everton, squadra per cui Carragher tifava da bambino. Primo amore mai nascosto: nella sua autobiografia un intero capitolo è dedicato alla passione per Graeme Sharp e i Toffees, scelti come avversari nel testimonial game di tre anni fa. “Ho deciso di comunicare adesso l’intenzione di ritirarmi perché non voglio che il nostro manager nei prossimi mesi debba rispondere a domande su di me o sul mio futuro, quando questo è già stato deciso. Tutti insieme ora possiamo concentrarci sulle partite ancora da giocare, senza più punti interrogativi sospesi”.

UOMO SQUADRA. Si fa presto a dire gioco di squadra: il calcio lo è, ma i calciatori sono gli ultimi a ragionare in termini di bene comune. Nessuno è più egoista e individualista di un calciatore professionista, al punto che è normale sperare nell’infortunio di un compagno pur di poterne prendere il posto. Non si può dire ma si fa. Alla regola ci sono eccezioni. Rare. Jamie Carragher è una. Il centrale difensivo del Liverpool lo dimostra coi fatti. Quando all’inizio di questa stagione Brendan Rodgers lo ha confinato in panchina preferendogli in pianta stabile il duo Skrtel-Agger non solo non ha fatto polemiche, ma ha spiegato il suo silenzio: “Non pretenderei mai di giocare se questo vuol dire indebolire la squadra. Non posso ringiovanire, non posso tornare indietro nel tempo. E’ chiaro che vorrei giocare titolare, mi alleno ogni giorno per farlo, ma non chiederei mai all’allenatore perché preferisce un compagno a me. Sarebbe mancare di rispetto al compagno. Sono abbastanza obiettivo da vedere che Martin e Daniel stanno giocando benissimo e nessun allenatore cambierebbe una coppia che funziona così”. Non esattamente la reazione che ti aspetteresti da uno nato titolare che all’improvviso si ritrova schierato in campo solo il giovedì nelle partite di Europa League.

IL RITORNO. L’improvviso calo di forma di Skrtel, le titubanze dell’urugagio Coates, hanno spinto Rodgers a rispolverare l’eterno Carragher, offrendogli la prima vera chance stagionale. E Carra ha confermato di essere come il buon vino, migliorando con le partite: nelle ultime due esibizioni contro Arsenal e Manchester City è stato il migliore della linea di difesa dei reds. Nel 2-2 contro i Citizens Aguero è sempre stato anticipato dal più vecchio difensore: per trovare il gol ha dovuto puntare Agger e sfruttare un’uscita senza senso e fuori tempo di Pepe Reina. Sino a quel momento il vecchio Jamie, col posizionamento più che con la velocità, aveva dato una lezione di abilità difensiva al Kun e ai suoi compagni. Abilità spesso non riconosciuta a Carragher, incensato abitualmente e superficialmente per “professionalità”, “dedizione”, “generosità”, “leadership”. Il ritratto di un brocco di qualità. C’è molto di più.

MODELLO BARESI. Purtroppo aver giocato in tutti i ruoli della difesa, e anche a centrocampo (agli esordi, e lo scorso anno con Dalglish in un paio di occasioni, è stato utilizzato come stopper davanti alla difesa), ha finito per rappresentare un limite. Il jolly viene visto come un tappabuchi, utile ma non abbastanza forte da conquistarsi una posizione tutta sua: questa era la considerazione generale di Carragher sino all’arrivo di Rafa Benitez. Con l’ingresso del tecnico spagnolo ad Anfield tutto questo cambia: il sostituto di Houllier vede in Carragher più molto più della spalla di Sami Hyypia, e gli dà i dvd del Milan di Arrigo Sacchi dicendogli di studiarsi i movimenti di Franco Baresi. E proprio contro i rossoneri a Istanbul, nella finale di Champions League 2005, Carragher entra nella storia di Anfield, giocando l’ultima mezz’ora dei tempi regolamentari e tutti i supplementari in preda ai crampi, eppure ancora in grado di negare gol sicuri a Kakà e Shevchenko, proprio come aveva fatto in semifinale contro Drogba (forse la sua prestazione più bella, quella sì degna di Franco Baresi) e nei quarti contro Ibrahimovic. Per la Kop non è più il ragazzo di casa, è un mito: We all dream of a team of Carraghers.

OLIMPO. La vittoria in Champions è fondamentale: Carragher si garantisce finalmente un posto nel già parecchio popolato Olimpo di Anfield. E in un ideale top 11 dei reds, al centro della difesa, affianco ad Alan Hansen, Carragher può giocarsela senza sfigurare con campioni come Mark Lawrenson, Tommy Smith, Phil Thompson. Aver vinto una Champions League, una Coppa Uefa, due Supercoppe europee, due FA Cup e tre coppe di Lega è il bilancio di un vincente, eppure il nome di Carragher (così come quello di Gerrard) verrà associato a uno dei periodi più deludenti della storia del Liverpool: squadra ambiziosa, in perenne transizione, alla ricerca della gloria perduta. Lo scambio di ruoli con lo United degli anni Settanta e Ottanta è lampante. Jamie Carragher non ha potuto invertire questa china da giocatore, ci riuscirà da manager. Ha avuto la fortuna di potersi allenare sotto Evans, Capello, Benitez, Dalglish. Ha imparato molto, è già ora un allenatore in campo. Il futuro è segnato: la panchina che fu di Bill Shankly e Bob Paisley aspetta solo lui.

Gianni Serra
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