Vent’anni fa la Champions League prendeva il posto della vecchia Coppa Campioni. Cambiamento di etichetta su una formula modificata l’anno prima, nell’ultima edizione della Coppa dei Campioni d’Europa, quella vinta a Wembley dal Barcellona allenato da Johan Cruyff sulla Sampdoria di Vialli e Mancini. Il torneo 1991-92 sarebbe passato alla storia per i tifosi catalani e blucerchiati come quello della punizione nei supplementari di Ronald Koeman, per il resto d’Europa come l’ultimo esempio di Coppa Campioni “vintage”. In realtà è proprio in quell’edizione che per la prima volta viene abolita in un turno la regola ferrea dell’eliminazione diretta, vero tratto distintivo delle coppe europee: sbagli e sei fuori, ben altra adrenalina rispetto al campionato.

Nel 1991-92 il dentro-o-fuori viene meno nei quarti di finale, con l’introduzione della fase a gironi, per poi riprendere nelle semifinali. Una formula che oggi sopravvive solo in Africa nella CAF Champions League e nella Confederation Cup, ma abbandonata dall’Uefa già nell’edizione 1994-95 quando la fase a gironi è stata anticipata agli ottavi. Nel giro di poche stagioni l’Uefa trasforma in laboratorio permanente un torneo che aveva la sua forza in una formula semplice e sempre uguale: ammessi solo campioni nazionali, nessuna testa di serie e eliminazione diretta dai sedicesimi sino alla finale. Nel 1997-98 i gruppi da quattro diventano sei e i turni preliminari vengono raddoppiati con l’ingresso nel torneo delle seconde classificate nei vari campionati (quota che andrà a salire per i tornei più prestigiosi). Nella stagione 1999-2000 una nuova modifica trasforma il torneo e lo porta molto vicino al format attuale: tre turni preliminari; fase a gironi con 32 squadre divise in 8 gruppi; ottavi di finale con una seconda fase a gironi e eliminazione diretta dai quarti.

Liverpool campione d'Europa 1981. Da sinistra a destra: Souness, Daglish e Hansen

L’eliminazione diretta garantiva meno passaggi televisivi alle squadre e meno soldi dagli sponsor, da qui la scelta di far proliferare i gironi all’italiana. Scelta miope: nelle fasi iniziali troppe le partite superflue o prive di interesse e si decide, a partire dal 2003-04, di far riprendere l’eliminazione diretta dagli ottavi. Si cerca insomma di rimettere un po’ di sale su un piatto insipido. In parallelo l’Uefa interviene anche sulle altre competizioni: dopo aver cancellato la Coppa della Coppe (1999), a modifica la Coppa Uefa sino a trasformarla in Europa League (2009-10). La “serie B continentale” diventa così una ciambella di salvataggio per le grandi che hanno deluso in campionato o nei preliminari o nella fase a gironi della Champions League. E così può capitare che nel 2010 l’Atletico Madrid venga eliminato a dicembre dalla Champions e si ritrovi a maggio a sollevare l’Europa League e ad agosto la Supercoppa. Coi ripescaggi l’eventualità che a vincere l’Europa League sia una squadra eliminata dalla competizione maggiore è tutt’altro che remota, cosa che rende ancora più insignificanti i turni che precedono i sedicesimi di finale (quelli in cui entrano le terze classificate dei gironi di Champions).

Il presidente Uefa Michel Platini ha preannunciato nuovi cambiamenti: cancellazione dell’Europa League e Champions a 64 squadre a partire dal 2016. Non è detto che siano migliorativi. Anzi, c’è da dubitarne. Perché si insiste sulla strada già intrapresa e finora le modifiche volute dall’Uefa su spinta delle tv a pagamento (copertura televisiva totale, stesso orario per tutte le gare, da “spalmare” in più giorni) hanno garantito visibilità e uniformità ma hanno tolto fascino e peso a gran parte delle partite, riducendo a livello di trofeo Berlusconi l’interesse per un Milan-Real Madrid di primo turno, con le due squadre sicure della qualificazione nel proprio gruppo. Niente a che vedere con l’elettricità di Liverpool-Nottingham Forest, primo turno della Coppa Campioni 1978-79, coi reds campioni d’Europa in carica eliminati nel derby dai campioni d’Inghilterra. Impensabile oggi immaginare un Manchester City-Chelsea, con una delle due fuori già ad ottobre dopo appena 180 minuti e costretta ad attendere un anno per ritornare nelle coppe europee. Prima era la regola. E ne beneficiavano coppe, campionati e tifosi.

Gianni Serra
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