L’Inter con un piede a Madrid. Tre a uno al Barcellona in rimonta, grande convinzione, ottime possibilità di passare il turno.
I nerazzurri hanno dato il massimo e anche qualcosa in più per bloccare la “squadra più forte del mondo”. E’ servito anche l’aiuto dell’arbitro: due rigori negati (all’83 Sneijder su Dani Alves e all’89’ Lucio su Pique), un gol in fuorigioco di mezzo metro concesso a Milito, ben cinque gialli ai giocatori del Barca (Puyol diffidato salterà il ritorno) e incredibilmente nemmeno uno a Thiago Motta, perfetto esecutore di opportuni quanto apparentemente innocui falli tattici a metà campo. Sull’arbitraggio di Benquerenca, connazionale di Mourinho, bellissima battuta di Xavi: “Ha ammonito Eto’o perché pensava giocasse ancora nel Barcellona”.
Ma non è nella direzione di gara che risiede la spiegazione del successo nerazzurro. Determinanti lo spirito di sacrificio e la dedizione alla causa che Mourinho è riuscito a tirar fuori da una squadra formata da undici campioni. Giocatori con un passato da stelle qui si spendono come gregari: nessuno aspetta la palla, tutti vanno a prendersela e sono pronti a passarla. E sembra così naturale: solo un grande tecnico può riuscire in questa trasformazione. Nella gestione ottimale della fase difensiva i campioni d’Italia hanno costruito un vantaggio di due reti al termine di una gara in cui gli avversari hanno tenuto il pallone per il 71,3% del tempo. Conta quel che ci fai col pallone non quanto lo tieni. Può far sorridere che una lezione così venga impartita da un tecnico che arriva dal Portogallo, nazione maestra del calcio “orizzontale”. La prestazione dell’Inter contro il Barcellona oltre a certificare il carattere dei nerazzurri, conferma l’abilità tattica di un tecnico, cui troppo spesso vengono riconosciute solo grandi doti di “comunicatore” o “motivatore”. Mourinho, come Benitez o Hiddink, sa sempre cosa fare per evitare che gli avversari si esprimano al meglio e contro il Super-Barca lo ha confermato.
Il Barcellona ha iniziato la gara col piglio della grande squadra, prendendo subito il controllo delle operazioni. Ma da subito si è visto un Barca meno brillante del solito. Meglio: più simile a quello che ha pareggiato 0-0 il derby di campionato contro l’Espanol che non a quello ammirato al Bernabeu nel 2-0 contro il Real o nei primi venti minuti dell’andata dei quarti di finale contro l’Arsenal. Il gol di Pedro al 19′, nato da una bellissima discesa dell’ex Maxwell, poteva dare il là alla demolizione dell’Inter o alla sua reazione. E’ arrivata la seconda. I nerazzurri non hanno perso la testa continuando a difendere con tutta la squadra, per contrattaccare con decisione e sempre con più uomini. Il pareggio di Sneijder al 30′ è arrivato dopo che Milito aveva fallito un gol di pochi centimetri.
Ma proprio la posizione del centravanti argentino è stata una delle tre mosse che hanno determinato il successo nerazzurro. Milito largo a sinistra è la prima. Mourinho sceglie di allontanare dal centro dell’area il suo attaccante più scaltro, per approfittare dell’esuberanza di Dani Alves, l’unico del quartetto difensivo blaugrana a concedere spazi gratuiti in difesa. Il Principe a fine gara avrà solo un gol all’attivo (peraltro l’unico irregolare) ma ne manca due facili facili, per i suoi standard, e propizia le altre due reti nerazzurre. Scelta vincente contro cui Guardiola non ha saputo trovare contromisure.
La seconda: nessuna marcatura fissa ma raddoppi immediati. Il Barcellona contro l’Arsenal a Londra aveva dominato ma Messi era rimasto tagliato fuori dal gioco per l’intera gara. A San Siro è accaduta più o meno la stessa cosa. Se Ibrahimovic si è marcato praticamente da solo (invisibile: classico Ibra versione Champions League, che a Milano hanno imparato bene a conoscere), Messi si è mosso parecchio. La Pulce va bloccata nel primo metro di campo, dopo è impossibile: Zanetti, Cambiasso e Motta lo hanno fatto alla perfezione per novanta minuti: appena un tiro e una serpentina nell’intera gara per il miglior giocatore del mondo. Non era facile.
Terza: Lucio mai in attacco. Troppo grande il rischio di concedere spazi alle punte del Barca, meglio rinunciare alle discese del totem brasiliano con conseguenti scalate all’indietro di Cambiasso. Nessun interscambio. Squadra e ruoli bloccati per evitare di regalare buchi nelle fasi di transizione. La concentrazione dimostrata da tutti i nerazzurri è stata impressionante. Se Xavi, il miglior centrocampista del pianeta, effettua 109 passaggi con una percentuale inarrivabile per chiunque altro del 96,33% (per dare un’idea: ieri i passaggi di Sneijder sono stati 26 con una percentuale del 73,08%) ma non riesca a mandare in gol nessun compagno, vuol dire che si è riusciti a mandarlo a pascolare dove non poteva far male. I gol di Maicon in apertura di ripresa e di Milito al 61′, entrambi su velocissime ripartenze nerazzurre, sono il premio al piano tattico messo in piedi da Mourinho e eseguito alla perfezione dai suoi ragazzi. Gol che riscrivono la storia di questa semifinale, ribaltando inerzia e favori del pronostico. Il 3-1 finale lascerebbe tutti tranquilli sulla presenza dell’Inter in finale a Madrid, se l’avversario non fosse il Barcellona. I venti minuti finali, con l’Inter costretta negli ultimi trenta metri, potrebbero essere l’antipasto di quel che si vedrà al Camp Nou. Ma due gol di vantaggio, con una retroguardia così, sono una dote tranqullizzante. Con Guardiola in panchina il Barcellona non aveva mai perso con due gol di scarto nelle nove sconfitte precedenti: quest’anno 2-1 contro il Siviglia in Coppa del re, contro il Rubin Kazan nella fase a gironi della Champions e contro l’Atletico Madrid nella Liga; la scorsa stagione 2-3 contro lo Shakhtar in Champions League, e nella Liga 1-0 contro Numancia e Osasuna, 2-1 contro il Maiorca e l’Espanol, 4-3 contro l’Atletico Madrid. Il terzo gol di Milito scrive un piccolo pezzo di storia e incrina parecchie certezze. Nelle coppe europee il Barcellona si è trovato a dover recuperare un 3-1 al Camp Nou in cinque occasioni: eliminata nelle prime tre da Porto, Zurigo e Real Madrid, è riuscita nell’impresa nelle ultime due contro la Dinamo Kiev (Champions League 1993-94: 4-1) e il Chelsea (Champions League 1999-2000: 5-1). ECL

Champions League 2009-10 / Semifinale andata – Milano, San Siro

INTER-BARCELLONA 3-1 (1-1)

Inter: Julio Cesar; Maicon (dal 73’ Chivu), Lucio, Samuel, Zanetti; Cambiasso, Thiago Motta; Eto’o, Sneijder, Pandev (dal 56’ Stankovic); Milito (dal 75’ Balotelli). Allenatore: Mourinho
Barcellona: Valdes; Dani Alves, Piqué, Puyol, Maxwell; Busquets, Xavi, Keita; Messi, Ibrahimovic (dal 62’ Abidal), Pedro. Allenatore: Guardiola

Arbitro: Benquerenca (Portogallo)
Reti: Pedro al 19’, Sneijder al 30’; Maicon al 48’, Milito al 61’
Ammoniti: Busquets, Puyol, Piqué, Keita, Dani Alves; Eto’o, Stankovic

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