Un altro grande allenatore che se ne va, dopo una lunga e dolorosa malattia. Meno noto e celebrato di Bobby Robson, Mario Tiddia apparteneva alla stessa generazione calcistica dell’ex ct della nazionale inglese.
Per lui però le luci della ribalta internazionale non ci sono mai state. Da calciatore ha speso tutta la carriera nel Cagliari e anche da allenatore è a quella squadra che ha legato il suo nome. Se mai la società rossoblu deciderà di creare una sua hall of fame, Tiddia ha il posto assicurato: lui c’era prima di Riva e dopo Riva.
Terzino marcatore, maglia rigorosamente numero due, Tiddia è andato in campo per il Cagliari oltre duecento volte tra il 1956 e il 1968, prima di essere costretto al ritiro dal ripetersi di problemi fisici, nell’annata che ha preceduto il secondo posto alle spalle della Fiorentina nella stagione 1968-69. Insomma, Tiddia è sceso all’ultima fermata prima dell’appuntamento con la gloria eterna, assicurata dalla conquista dello scudetto nel campionato 1969-70. Il torneo che ha relagato l’immortalità calcistica e non solo ai vari Albertosi, Nenè, Greatti, Riva. La parabola di Tiddia, per tornare in Inghilterra, ricorda quella di Billy Liddell, capace di rendere dignitoso il Liverpool negli anni più bui e costretto a ritirarsi proprio in coincidenza dell’arrivo di Bill Shankly che avrebbe rivoluzionato la storia del club portandolo in tre stagioni dalla serie B alla semifinale di Coppa Campioni.
Per Tiddia l’inserimento nel settore giovanile del Cagliari attenua l’amarezza del ritiro. Il crollo prolungato della squadra dello scudetto, gli offre sul finire della stagione 1975-76 la possibilità di allenare in serie A, prendendo il posto sulla panchina rossoblu di Luisito Suarez. Una mossa della disperazione che non dà risultati né poteva darne con una squadra incapace di trovare immediate alternative al declino dei campioni di qualche anno prima e agli infortuni di Riva. Il torneo finisce con le vittorie su Fiorentina (2-1) e Milan (3-2), rari lampi di luce in una stagione nerissima che non evitano l’onta dell’ultimo posto e del record di peggior difesa del campionato (52 reti subite). E soprattutto non garantiscono all’allenatore sardo la conferma. Per la stagione successiva in B viene chiamato Lauro Toneatto che sfiora il ritorno in A, chiudendo al quarto posto. L’anno dopo le cose vanno molto peggio e Toneatto viene esonerato. Panchina nuovamente a Tiddia che assicura una salvezza tranquilla. A differenza di due anni prima, in estate si decide di non azzerare tutto e per la stagione 1978-79 viene confermata la fiducia all’allenatore di Sarroch, che il 17 giugno superando 3-0 la Sampdoria conquista la promozione davanti a uno stadio Sant’Elia tutto esaurito. In A il Cagliari parte bene, perdendo la prima partita solo alla decima giornata, 1-0 contro la Juventus in trasferta. La squadra isolana entusiasma e sorprende tutti conquistando l’ottavo posto finale e mettendo in luce il talento del futuro campione del mondo 1982 Franco Selvaggi, che chiuderà il campionato con 12 gol, appena 4 in meno del capocannoniere Bettega. E’ dai tempi dello scudetto che non si vedeva il Cagliari giocare così bene.
Di quella squadra in campo è rimasto solo Mario Brugnera: allora centrocampista adesso libero, ultimo uomo davanti a Roberto Corti. Brugnera è il capitano e il vero luogotenente sul terreno di gioco di Tiddia. I due vedono il calcio allo stesso modo e legano alla perfezione. Un connubio spesso sottovalutato ma decisivo nella crescita di quella squadra, piena di ragazzi di talento. Attorno a quel duo, grazie a quel duo, il Cagliari nel campionato 1980-81 migliora il risultato precedente, chiudendo al sesto posto e esibendo il centrocampo più bello d’Italia: Casagrande, Bellini, Quagliozzi e Marchetti. Da non credere: in tre anni i rossoblu sono passati dalla B a un passo dalla zona Uefa e soprattutto hanno messo assieme una formazione capace di entusiasmare e affrontare ad armi pari qualunque avversaria. Merito della grinta e dalla mentalità vincente di Tiddia, saggiamente nascoste dietro un profilo basso che non dava all’esterno la misura della capacità del tecnico di caricare i suoi.
Sembra l’inizio di un nuovo ciclo e invece con l’arrivo alla presidenza di Alvaro Amarugi porta con sé la scelta di cambiare tecnico e affidare la squadra a Paolo Carosi, cui presto succede Gustavo Giagnoni. In due stagioni il Cagliari è in B e nel 1986-87 finisce in C1, dove l’anno dopo sotto la guida di Enzo Robotti sfiora la retrocessione in C2; viene richiamato Tiddia per salvarla. L’operazione riesce e l’anno dopo la squadra viene affidata a Claudio Ranieri che nel campionato 1989-90 la porterà in A, riproponendo quel calcio entusiasmante che vent’anni prima aveva caratterizzato i rossoblu di Tiddia. E’ la chiusura del cerchio per il Cagliari e in parte per Tiddia, che in quella stagione – con un atto di grande generosità – accetterà di salire in corsa sulla panchina del La Palma, evitando alla seconda squadra del capoluogo isolano la retrocessione (che sembrava certa) dalla serie C2, conquistata appena un anno prima. Con quel “regalo” si chiude la sua esperienza nel mondo del calcio. LECHAMPIONS EUROPA
Mario Tiddia Nato il 5 maggio 1936 a Sarroch Morto il 5 agosto 2009 a Sarroch Da giocatore Ruolo: Difensore Squadre 1956-1968 Cagliari Da allenatore 1976 Cagliari 1978-1981 Cagliari 1981-1982 Torres 1982 Pescara 1983-1984 Cagliari 1988 Cagliari 1989-1990 La Palma Cagliari Titoli 1978-79 Promozione in B |
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